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Scettica a Salem
Fiona Grace


I gialli di una dubbiosa strega #1
"Molto piacevole. Consiglio caldamente questo libro a tutti i lettori che sanno apprezzare un giallo ben scritto, con qualche svolta e una trama intelligente. Non resterete delusi. Un modo eccellente di trascorrere un freddo fine settimana!". –Books and Movie Reviews, Roberto Mattos (parlando di Assassinio in villa). SCETTICA A SALEM: UN EVENTO DELITTUOSO è il romanzo di debutto di una nuova affascinante serie di gialli dell’autrice bestseller Fiona Grace, autrice di Assassinio in villa, un bestseller numero #1 con oltre 100 recensioni a cinque stelle (e la possibilità di scaricarlo gratuitamente)!Quando Mia Bold, 30 anni, viene a sapere che la società farmaceutica per cui lavora è interessata solo ai soldi, si licenzia di punto di bianco e abbandona una carriera assicurata. Peggio ancora, il ragazzo che frequenta da tempo, anziché chiederle di poterla sposare, come si sarebbe aspettata, decide di scaricarla… La vera passione di Mia è il suo podcast personale, che rivela la sua dedizione a smascherare ciò che è occulto e a portare alla luce la verità. Figlia di un padre truffatore, Mia sente una responsabilità morale verso la verità, e il desiderio di evitare che altri vengano gabbati. . Quando Mia, posta davanti a un bivio, riceve un invito da una famosa trasmissione sul sovrannaturale che le chiede di trasferirsi a Salem e unirsi a loro in qualità di �scettica in loco’, Mia scorge la possibilità di dare inizio a una nuova vita e seguire la sua missione… Ma le cose a Salem non vanno secondo programma. Quando si verifica una morte inaspettata – proprio mentre Mia sta tentando di smascherare una locanda infestata dai fantasmi – lei si rende conto che forse non è in grado di gestire tutto da sola. Con il suo futuro ora in ballo, potrà davvero provare che streghe e fantasmi non esistono?. Un libro ammaliante, pieno zeppo di intrigo, mistero, romanticismo, animali domestici, cibo – e soprattutto sovrannaturale – SCETTICA A SALEM è un giallo che presenta una svolta che apprezzerete e che vi farà innamorare della protagonista, tenendovi nel frattempo incollati alle pagine (ridendo) per tutta la notte… “Il libro ha cuore e l’intera storia scorre in modo impeccabile, senza sacrificare né intrigo né tantomeno personalità. Ho adorato i personaggi: quanti personaggi eccezionali! Non vedo l’ora di leggere ciò che Fiona Grace scriverà adesso!”. –Lettore Amazon (parlando di Assassinio in villa). “Wow, questo libro decolla e non si ferma mai! Non riuscivo a metterlo giù! Fortemente raccomandato per coloro che amano un ottimo giallo con svolte, colpi di scena, romanticismo e un membro di famiglia perduto da tempo! Sto leggendo il libro successivo proprio adesso!”. –Lettore Amazon (parlando di Assassinio in villa). “Questo libro è incalzante. Ha il giusto amalgama di personaggi, luoghi ed emozioni. È stato difficile da mettere giù e spero di leggere il prossimo libro della serie.”. –Lettore Amazon (parlando di Assassinio in villa). I libri #2 e #3 della serie – UN EVENTO CRIMINALE e UN EVENTO MORTALE – sono ora disponibili!





Fiona Grace

SCETTICA A SALEM: UN EVENTO DELITTUOSO




SCETTICA A SALEM:


UN EVENTO DELITTUOSO




(I gialli di una dubbiosa strega – Libro Uno)




FIONA GRACE




Edizione italiana


a cura di


Annalisa Lovat



Fiona Grace

La scrittrice debuttante Fiona Grace ГЁ autrice della serie di GIALLI INTIMI E LEGGERI DI LACEY DOYLE, che comprende nove libri (e ne prevede altri in uscita); della serie di GIALLI INTIMI E LEGGERI TRA I VIGNETI DELLA TOSCANA, che comprende tre libri (e ne prevede altri in uscita); della serie di GIALLI DI UNA DUBBIOSA STREGA, che comprende tre libri (e ne prevede altri in uscita); e della serie di GIALLI DELLA PANETTERIA SULLA SPIAGGIA, che comprende tre libri (e ne prevede altri in uscita).



Fiona sarebbe felicissima di sentire tue notizie, quindi visita il sito www.fionagraceauthor.com per ricevere ebook gratuiti, scoprire le ultime notizie e tenerti aggiornato.








Copyright © 2020 Fiona Grace. Tutti i diritti riservati. Ad eccezione di quanto consentito dalla legge sul diritto d’autore degli Stati Uniti del 1976, nessuna parte della presente pubblicazione può essere riprodotta, distribuita o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo, né archiviata in un database o un sistema di recupero senza previa autorizzazione dell'autore. La licenza di questo ebook è concessa solo ad uso personale. Questo ebook non può essere rivenduto o ceduto ad altre persone. Se si desidera condividere questo libro con un'altra persona, si prega di acquistare una copia aggiuntiva per ciascun destinatario. Se state leggendo questo libro senza averlo acquistato, oppure senza che qualcuno lo abbia acquistato per voi, siete pregati di restituire questa copia e acquistarne un'altra. Vi ringraziamo per il rispetto nei confronti del duro lavoro dell'autore. Questa è un'opera di fantasia. Nomi, personaggi, attività commerciali, aziende, società, luoghi, eventi e fatti sono il prodotto dell'immaginazione dell'autore, oppure sono utilizzati in modo fittizio. Qualsiasi somiglianza a persone reali, vive o morte, è del tutto casuale. Il Copyright dell'immagine di copertina ByeByeSSTK, concesso su licenza di Shutterstock.com.



LIBRI DI FIONA GRACE




I GIALLI DI UNA DUBBIOSA STREGA

SCETTICA A SALEM: UN EVENTO DELITTUOSO (Libro #1)


UN MISTERO AVVOLGENTE TRA I VIGNETI DELLA TOSCANA

INVECCHIATO PER UN OMICIDIO (Libro #1)

INVECCHIATO PER LA MORTE (Libro #2)

INVECCHIATO PER IL CAOS (Libro #3)


UN GIALLO INTIMO E LEGGERO DI LACEY DOYLE

ASSASSINIO IN VILLA (Libro #1)

UNA MORTE E UN CANE (Libro #2)

I CINQUE DEL SALOTTO (Libro #3)

UN VISITA PREOCCUPANTE (Libro #4)

UCCISO CON UN BACIO (Libro #5)




CAPITOLO UNO


Mia Bold aveva precisamente trentotto minuti per registrare il suo podcast, portare fuori il cane, farsi una doccia, vestirsi e uscire dalla porta per andare al lavoro. Programma serrato, ma fattibile.

Regolò il braccetto del microfono a condensatore e se lo avvicinò alla bocca. Si sentì un leggero fruscio quando ruotò leggermente il pomello del volume d’ingresso, abbassando il livello del suono in cuffia. La app del gobbo elettronico emanava un soffuso bagliore blu che veniva proiettato nel suo ordinato studio di registrazione.

Fuori, il sole stava iniziando a sorgere su Fishtown, un quartiere trendy di Philadelphia, incuneato nell’ansa del fiume Delaware, a nord-est del centro cittadino. Mia adorava l’atmosfera artistica di quella zona, con i colorati e moderni graffiti che decoravano gli edifici industriali dell’inizio del secolo scorso. Quest’ora del mattino era il momento ideale per registrare. Prima che i furgoni dei corrieri attraversassero rumorosamente la strada, che i bar aprissero e i temuti ausiliari del traffico entrassero in azione per controllare le auto parcheggiate in sosta vietata. Questo era il momento magico in cui il mondo era ancora avvolto in un bozzolo di quiete. E lei poteva immergersi nel suo lavoro e concentrarsi, senza temere distrazioni. Ma non sarebbe durato a lungo. Come sempre. Mia fece un respiro profondo e premette il tasto Record.

“Benvenuti a The Vortex, dove esploriamo le più oscure paure dell’uomo, posti stregati e fenomeni misteriosi. Le esperienze paranormali sono reali o si possono spiegare per mezzo della scienza? I fantasmi si muovono tra noi o sono semplici prodotti della nostra immaginazione? Mi chiamo Mia Bold, e questo è l’episodio ventitré: Il curioso caso del Castello di Warwick.”

La voce di Mia era calda e sicura, con una sfumatura di caustico umorismo. Il suo vecchio professore di comunicazione, il dottor Lee, le diceva sempre che aveva una voce tanto mielosa che avrebbe potuto usarla per acchiappare mosche. Ed era a tutt’oggi il miglior complimento che avesse mai ricevuto.

OsservГІ il copione che aveva rimaneggiato durante tutto il fine settimana, poi guardГІ la frase incorniciata che teneva in bella vista sulla sua scrivania: una citazione di Steve Allen, leggenda della radio e scettico come lei.

La radio e il teatro della mente. La televisione è il teatro di chi ne è privo. Quell’affermazione riassumeva perfettamente la filosofia del suo podcast. Ammalia il pubblico con una storia, poi aprigli gli occhi presentandogli i fatti.

Bevve un sorso d’acqua e continuò. “Immaginate di trovarvi in una fossa buia e umida. Potete muovervi a stento. Sopra di voi c’è una griglia di metallo. Dal soffitto pende una gabbia, dentro alla quale vengono torturati dei prigionieri. Questo posto orribile si chiama Oubliette, il recesso più profondo della prigione, le originarie segrete del Castello di Warwick. Le anime spezzate e fatte morire di fame qua dentro hanno impresso la loro essenza nel tessuto dell’esistenza, come molti sostengono? I visitatori raccontano spesso di aver sentito dei lamenti e la sensazione di essere afferrati da qualcuno mentre scendevano i gradini. Sono pochi quelli che sono capaci di restare a lungo nei meandri delle segrete. Un uomo è stato così coraggioso da indagare sui racconti: il famigerato cacciatore di fantasmi Vic Tandy. Cos’ha trovato in quel posto orribile? È stato…”

Sentendosi chiamare per nome, un cane meticcio di dubbie origini fece la sua comparsa. Tandy aveva orecchie cadenti, pelo arruffato e intelligenti occhi marroni. InclinГІ la testa di lato e scrutГІ Mia intensamente. Quando lei tentГІ di ignorarlo, il cane sollevГІ una zampa e la posГІ sulla sua gamba. Non aveva intenzione di arrendersi. Mia mise in pausa la registrazione.

“Andiamo, Tandy. Lasciami stare un momento. Stavo per arrivare alla roba interessante.” Gli accarezzò la testa, arruffandogli il pelo. “Ancora un paio di minuti, e poi andiamo fuori.” Tandy colse il messaggio e zampettò verso la sua ciotola dell’acqua, facendo ticchettare le unghie sul pavimento di legno a ogni passo.

Mia fece un respiro profondo. Questa era la parte piГ№ importante. Voleva dimostrare alla gente che la scienza ГЁ in grado di sfatare la maggior parte delle sciocchezze sul paranormale. AvviГІ di nuovo la registrazione.

“… Cos’ha scoperto Vic Tandy? Qualcosa che non si può misurare: alti livelli di infrasuoni. Balene ed elefanti usano questo genere di onda sonora per comunicare attraverso lunghe distanze. Il tono di un infrasuono a diciannove hertz o più basso può essere percepito al limite dall’udito umano e crea nel percipiente una visione distorta, suoni sibilanti, sentimenti di timore, disagio, repulsione e brividi. Quindi: il Castello di Warwick è stregato? O è stata piuttosto la combinazione di infrasuoni e immaginazione a creare i suoi fantasmi?”

Mia sorrise sotto i baffi mentre finiva il paragrafo. Se gli infrasuoni creavano un senso di timore, la sua voce doveva invece generare sicurezza. Lei voleva aiutare la gente a ragionare sulle cose.

Una folata di vento entrò nella stanza, facendo svolazzare le carte appese alla bacheca sopra alla scrivania. Con delle puntine, Mia vi aveva fissato degli articoli inviati da ascoltatori di tutto il mondo che le chiedevano di indagare su abitazioni infestate o attività paranormali, sperando che lei fosse in grado di sfatare le loro paure, come sempre. Mia era sempre alla disperata ricerca di nuovi casi, per non fossilizzarsi a parlare sempre di fatti vecchi e risaputi. Queste persone erano in pena, avevano bisogno di risposte, e a lei dispiaceva non avere il tempo e le risorse per lanciarsi in una di queste indagini. Molti dei titoli di quegli articoli davano i brividi, e le storie che presentavano richiedevano un’occhiata più accurata. Mia sapeva che ogni volta, senza dubbio, poteva provare che si sbagliavano.

Improvvisamente il suo telefono vibrò e sullo schermo apparve la notifica di un messaggio. Era Angie della O-Date, la app di appuntamenti �occulti’. Grossa promozione per la prossima settimana! Ostara, dea della fertilità! Serve uno spot, IL PRIMA POSSIBILE!

Dannazione, pensГІ Mia. La O-Date era il primo sponsor della sua trasmissione, e la sua unica fonte di reddito. La loro direttrice del marketing, Angie, aveva spiegato chiaramente che con lei stavano facendo un tentativo. Ora aveva solo venti minuti per registrare quello spot, altrimenti non avrebbe rispettato la loro scadenza. La O-Date voleva la sua voce affidabile per dire che tramite la app si potevano abbordare sedicenti vampiri e streghe. Era sempre una sfida. Ma bastava che la promo durasse solo trenta secondi. Non ci avrebbe messo tanto a prepararla.

Fece per scrivere una risposta, ma Tandy aveva altri programmi. RientrГІ trotterellando nella stanza e iniziГІ a mugolare.

“Aspetta un secondo,” gli disse Mia. Poi Tandy fece una cosa che Mia non poté ignorare: si mise ad abbaiare. Sonoramente. Il volume si alzava sempre più.

“Zitto!” Mia si levò le cuffie. “Ok, ok, andiamo.” Si infilò una felpa e agganciò il guinzaglio al collare di Tandy. Poi prese il telefono, in modo da poter tenere d’occhio l’ora. Scesero velocemente i gradini di cemento e andarono al giardino recintato. Mia aprì il cancello e liberò Tandy, che subito si lanciò in mezzo all’erba.

“Hai esattamente tre minuti,” gli disse Mia, appoggiandosi alla rete. L’edificio in cui abitava apparteneva in realtà a suo cognato, Jeffrey Milton Eubanks III. Stava lentamente convertendo la vecchia fabbrica di caramelle in un capolavoro urbano. Gli appartamenti di lusso completamente arredati andavano ben oltre quanto Mia avrebbe potuto permettersi con il suo stipendio al laboratorio. Ma grazie a sua sorella, Jeff l’aveva lasciata alloggiare gratuitamente nel loft per tutto l’anno scorso, permettendole così di mettere da parte dei soldi per quello che lei e il suo fidanzato Mark chiamavano �il Prossimo Passo’. Ovviamente c’era un certo giro. Di sera Mia doveva far entrare la gente per far vedere l’appartamento, e questo metteva un serio freno alla sua vita sociale. Ma questa sera era diverso. Mark avrebbe staccato presto. Avevano programmato una bella serata insieme. Mia sorrise. Il pensiero di passare la serata con Mark le faceva ancora sentire le farfalle nello stomaco, anche dopo tutto quel tempo.

Tandy iniziò a grattare le zampe contro l’erba. La cosa significava solo una cosa: aveva fatto quello che doveva fare. Il suo cane aveva sempre un suo modo di riportarla con i piedi per terra. Mia gli si avvicinò, pulì dove aveva sporcato e gettò il sacchettino nell’immondizia.

“Vieni bello, andiamo,” disse, correndo verso la scala. Il suo telefono diceva 7:15. Si stava avvicinando terribilmente allo scadere del tempo. Doveva ancora registrare lo spot per la O-Date e inviarglielo, farsi una doccia, vestirsi e prendere il treno per andare al laboratorio di Trenton, nel New Jersey. Cominciò a provare un certo senso di panico. Non voleva rischiare di perdere l’unico sponsor della sua trasmissione, ma se fosse arrivata ancora una volta in ritardo al lavoro, le cose avrebbero potuto mettersi male.

Proprio mentre stava per salire i gradini, una familiare Tesla bianca entrГІ nel parcheggio. La targa personalizzata diceva: ILUVLAW.

Ora? Г€ uno scherzo? pensГІ Mia.

L’auto accostò accanto a lei.

“Brynn?” disse Mia sorpresa.

Silenziosamente, il finestrino dal posto di guida si abbassГІ, lasciando apparire il volto della sua sorellastra.

“Sì, certo. Sarà fatto, ok. Chiamami dopo, tesoro.” Brynn si levò dall’orecchio un auricolare Bluetooth e lo lasciò cadere nel portaoggetti. Poi si infilò dietro l’orecchio una ciocca dei suoi capelli perfettamente tagliati, adornati da un’elegante forcina di diamanti.

Quando Mia aveva solo dieci anni, il suo padre biologico se n’era andato in un’altra città. Subito dopo, sua madre si era risposata con il padre di Brynn, Daniel Middleton. Per sua fortuna, la nuova parente era contenta di poter fare la sorella maggiore. Poteva capitarle qualcuno di molto peggio di Brynn nella lotteria delle sorellastre.

“Che cosa ci fai qui? Pensavo che venissi a prendere Tandy oggi pomeriggio.”

“Cambio di programma. Il tipo del giardino viene questa mattina.” Brynn parcheggiò e scivolò fuori dalla Tesla. Indossava un paio di jeans strappati, una maglietta bianca e una costosa giacca di Chanel. Le sue scarpe da tennis di Gucci erano ricoperte di fango. Sul sedile del passeggero era appoggiato un paio di scarpe con i tacchi, giusto in caso potessero servire. Il suo outfit era un po’ una metafora: alta moda mescolata con abiti da lavoro. Quando erano bambine, Brynn era un maschiaccio. Ma dopo il college si era sposata con un avvocato molto ambizioso. Si vestiva per status sociale, ma i suoi pezzi di sartoria stavano sulla sua figura minuta come qualcosa di simile a un ripensamento.

“Senti, possiamo parlare più tardi? Ho una scadenza,” disse Mia, cercando di non andare nel panico. Secondo dopo secondo, il tempo che aveva per registrare si stava esaurendo. Sua sorella invece aveva una netta tendenza a operare in orari da spa, a qualche punto tra domani e mai.

“Allora, dove vai stasera?” Brynn si chinò e si rigirò tra le dita una delle orecchie cadenti di Tandy. Sull’anulare appariva in bella vista una vistosa pietra ovale. Per Mia gli anelli nuziali erano una tradizione strana e ingombrante. Era sorpresa che Brynn riuscisse addirittura a sollevare il dito. Quel diamante doveva essere di almeno 60 carati.

“Mark ha dei biglietti per uno spettacolo,” le rispose. Il pensiero del fidanzato le fece annodare lo stomaco. Come mai? Era felice di vederlo, ovviamente. Ma da quando aveva cambiato lavoro e si era trasferito a New York, le cose sembravano essersi inceppate. Trovare del tempo per stare insieme stava diventando sempre più difficile. E lui parlava raramente del futuro, meno che meno del �Prossimo Passo’.

Dannazione! Non poteva distrarsi pensando a questo proprio adesso. Doveva finire il suo podcast.

“… A che ora torni, Mimi?”

“Può darsi che stia fuori la notte. Posso mandarti un messaggio?” le rispose Mia, avanzando verso le scale.

“Nessun problema, figurati. Lo porto più tardi a fare una passeggiata,” disse Brynn con dolcezza, accarezzando la testa di Tandy. “Oggi stai con me, piccolo bau bau.”

“Senti, Brynn, possiamo parlare dopo?”

“… Magari posso accompagnarti a prendere il treno?” Brynn spostò il peso da un piede all’altro e si morse il labbro. Mia conosceva quel tic. Era nervosa.

“Va tutto bene?” le chiese, improvvisamente preoccupata.

“Beh, è successa una cosa. Diciamo che è importante.”

C’era chiaramente qualcosa che la turbava. Anche se Brynn era la sua sorellastra, Mia non pensava mai a lei con quel genere di distacco. Era una persona gentile e alla mano, non si lamentava ma di doverle fare da dog-sitter, neppure se Tandy si stravaccava sui suoi sedili in pelle. Mia guardò il telefono. I secondi stavano scorredo veloci, e insieme a loro la sua possibilità di rispettare la scadenza per la O-Date. Ora doveva correre su per la scala e andare a registrare quello spot. Ma Brynn era sua sorella e Mia vedeva benissimo che qualcosa la agitava. La O-Date avrebbe dovuto aspettare. La famiglia era più importante.

“Ok, Brynn. Che ne dici di raccontarmi quello che è successo mentre io mi preparo?

Brynn espirò, chiaramente sollevata, e seguì Mia su per le scale, fino al suo loft. Poi andò dritta alla macchinetta del Nespresso e si preparò un caffè.

Mia lasciò cadere accanto alla porta la borsa che aveva preparato con il necessario per passare fuori la notte. Aveva passato trenta minuti buoni la sera precedente a provare diversi outfit, decidendo alla fine per un vestitino aderente e i tacchi più alti con cui fosse in grado di camminare. Sperava che ne venisse fuori un’immagine trasudante sensualità e sicurezza, piuttosto che una lei confusa e insicura.

“Non stai sempre facendo quella… roba lì. Vero?” chiese Brynn, indicando la postazione di registrazione podcast.

“Quella roba lì? Come si dice, Brynn?” la canzonò Mia, chiudendo intanto la cerniera della borsa.

“Plod-cast?”

“Podcast,” la corresse Mia. “Certo che sto ancora facendo il mio podcast.”

“È solo che è strano, andare a caccia di fantasmi e mostri.”

“Vorrai dire, aiutare la gente a svelare gli imbrogli? Non è che io creda in quelle cose.”

“Sono contenta che tu abbia trovato un modo per esprimerti, ma…”

“… Ma cosa?” Mia stava rovistando nei cassetti, da dove tirò la roba da mettersi per andare al lavoro e che gettò sul letto.

“Beh, anche Jeffy pensa che sia strano. Lo chiama il tuo �strano hobby’.”

Fra tutte le opinioni che Mia avrebbe potuto prendere in considerazione, quella di Jeffrey era tra le ultime della lista. Non poteva spiegare con precisione perché. Non c’era un motivo specifico. Era solo che in lui vedeva qualcosa che non andava. Brynn descriveva suo marito come sicuro, energico e ambizioso. Quelle caratteristiche assumevano invece, nella considerazione di Mia, la connotazione di arrogante, iperattivo e spietato. Si infilò nel bagno, fece scorrere l’acqua e uscì dalla sua tuta, lasciando la porta mezza aperta mentre si faceva la doccia, in modo da poter continuare a parlare con la sorella. E questo era il momento giusto per dirle che il pubblico del suo podcast stava salendo in maniera regolare.

“Non è solo un hobby, Brynn. Ho più di settantamila ascoltatori.” Non poté fare a meno di provare uno slancio di orgoglio.

“Bello. Sono tanti?”

“Per una produzione indipendente? Certo! Ho addirittura degli sponsor!”

“Uh-huh.”

Sapeva che Brynn non aveva intenzione di fare l’antipatica, ma in qualche modo i suoi sentimenti ne rimasero comunque feriti. Il podcast era sempre stato un problema per la sua famiglia. Questa era gente che ancora mandava lettere in formato cartaceo, all’interno di buste con impresso sopra lo stemma dei Middleton, che assomigliava a una bestia alata che afferrava uno scudo raffigurante un unicorno. Ogni anno a Natale, Mia riceveva una risma di carta pergamena color crema con l’emblema. C’era una scatola nello scaffale più alto del suo armadio che era piena di quella roba. Mia si asciugò e si avvolse un asciugamano attorno al corpo. Meglio cambiare argomento prima che le cose degenerassero.

“Mi sembri un po’ stressata. Va tutto bene con Jeff?” A Mia poteva anche non fregare niente di suo cognato, ma aveva a cuore Brynn e la sua felicità.

“Oh, lui sta bene. A dire il vero, è di questo che ti devo parlare.”

“Cosa c’è?”

Mia passò una mano sullo specchio per asciugare l’alone di vapore e iniziò a passarsi un pettine a denti larghi in mezzo ai suoi ricci scuri e aggrovigliati. Le passò per la mente un ricordo del suo padre naturale. Erano sul lungomare a Ocean City in una luminosa giornata estiva. Frank Bold le aveva appena comprato un cono gelato alla fragola e cioccolato.

Suo padre le aveva scostato un ciuffo di capelli dalla guancia. “Sei mai stata sulla ruota panoramica, piccina? Si vede il mondo intero da lassù.”

Mia chiuse gli occhi con forza e si aggrappò al bordo del lavandino fino a che il ricordo non si dissolse. Pensare al suo vero papà aveva sempre un retrogusto dolceamaro. Buffo come il passato potesse rimanere così vivido. Poteva praticamente sentire il calore del sole e il sapore di sale nell’aria. All’improvviso fu di nuovo nel momento presente, e suo padre tornò ad essere solo un ricordo.

“Mimi? Hai sentito quello che ho appena detto?

“Scusa, puoi ripetere?”

“È successa una cosa. Un cambiamento imprevisto.”

“Che genere di cambiamento?”

“Sai, tipo un cambiamento che non ti aspetti.”

Mia si levò l’asciugamano e si vestì senza tante pretese: un paio di jeans puliti e una camicetta bianca.

“Perché non ceniamo insieme domani e magari mi racconti di cosa si tratta?” le suggerì, infilandosi la camicia nei pantaloni.

“… Io… penso proprio che dovrei dirtelo adesso,” disse Brynn, rigirandosi nervosamente l’anello nuziale sul dito.

“Va bene, Brynn, sputa il rospo.”

“Jeffy ha venduto il condominio. Devi traslocare.”

Le parole di Brynn le si schiantarono addosso. Mia smise di vestirsi e rimase a fissare la sorella, immobile. Non poteva credere alle proprie orecchie.

“Ma tu hai detto che potevo stare fino alla fine dell’anno.”

Brynn abbassГІ lo sguardo su pavimento. Le sue guance erano impallidite. Nonostante il Botox, una leggera ruga apparve sulla sua fronte, in un tentativo di cipiglio.

“Da quanto lo sai?” chiese Mia, tentando di contenere la rabbia. Era sconvolta dall’improvvisa notizia. “Dev’essere da un po’ che Jeffrey ha in programma questa cosa.”

“Pensavo… pensavo che fosse solo un’illusione. Avrei dovuto dirti che poteva succedere. Mi spiace, Mimi.”

Mia sospirò pesantemente. L’orologio digitale sul suo computer segnava le 7:45. Ecco fatto: game over. Il suo tempo per la registrazione era ufficialmente evaporato. Non era sicura di cosa la deludesse di più: aver mancato la scadenza o la notizia che la stavano sbattendo fuori di casa. A questo punto, sarebbe stata fortunata se fosse riuscita a prendere il treno e arrivare al lavoro in orario.

MandГІ un messaggio a Angie della O-Date. Casino tecnico. File pronto domani.

Sapeva che le probabilitГ  che la sua misera scusa funzionasse erano molto scarne. Si rassegnГІ al fatto di aver probabilmente appena perso il suo solo sponsor. Poi si rivolse alla sorella.

“Cos’è successo al progetto di affittare gli appartamenti, di creare un flusso di reddito?” chiese Mia con tono gentile.

“È un affare multimilionario con un cliente d’oltreoceano. Parte dell’accordo prevede il pagamento in contanti, Mia. Contanti.”

“Quando è successa questa cosa?”

“Ho scoperto solo ieri sera che era definitivo. Sai quanto sa essere riservato Jeffy.”

Questo era decisamente vero, Mia lo sapeva. La tendenza di Jeffrey a nascondere le cose e l’insaziabile curiosità che invece contraddistingueva lei erano un caso più che eloquente di pessima intesa. Ogni volta che si trovava a ronzare attorno al cognato, Mia provava sempre un irrefrenabile impulso a guardare il suo telefono o il suo computer. Si chiese chi avesse trovato di così disposto a consegnargli in mano un mucchio di soldi. A volte era preoccupata per Brynn.

“Mi sento di schifo,” disse Brynn, mordendosi ancora il labbro. “So che avevo detto che potevi stare qui…”

Mia guardò la sorella. Si stava mostrando forte, ma la tensione della mandibola era evidente, come anche l’imbarazzo nei suoi occhi.

“Quanto tempo ho?”

“Jeffy dice due settimane. Ho cercato di farti dare più tempo.”

“Va bene. Non è colpa tua. Sei stata davvero buona con me, Brynn. Lo apprezzo,” disse Mia, ed era sincera. Del resto stava vivendo da un anno senza dover pagare l’affitto. Era fortunata e riconoscente, e non voleva che Brynn si sentisse male per questo. Ma dentro di sé era abbattuta. A quanto pareva non poteva più permettersi di lasciare che le cose andassero come volevano. Era arrivato il momento di parlare con il suo fidanzato riguardo al loro futuro.




CAPITOLO DUE


Nonostante tutti gli sforzi, Mia aveva perso il suo solito treno. Quando entrГІ di corsa attraverso le porte di vetro del Centro Farmaceutico, era in ritardo di dieci minuti. AndГІ dritta al controllo sicurezza, fece passare il badge sul lettore elettronico e scattГІ su per i gradini che portavano agli spogliatoi. La maggior parte dei componenti del gruppo di progetto erano giГ  arrivati e avevano preso i loro incarichi, eccetto Nigel Ruiz, del reparto tossicologico.

“Ciao Nigel,” gli disse Mia, infilando lo zaino nel suo armadietto. Appese con cura il suo vestitino e si infilò il camice da laboratorio.

“Ehi, hai sentito?” chiese Nigel, legandosi dietro la testa i capelli rosso fuoco con un elastico. “C’è un meeting alle dieci su Phoxy.”

“Oggi?” chiese Mia sorpresa. “Perché? Pensavo che la fase uno della prova fosse andata bene.” Phoxy era il soprannome del composto sintetizzato chiamato NJ-101, 422, che bloccava uno specifico enzima della fosfatasi, rimuovendo virtualmente lo zucchero dal corpo. Il reparto di Mia aveva eseguito buona parte del lavoro preclinico. La pillola per assunzione orale poteva potenzialmente bloccare il diabete.

“Non chiederlo a me,” le disse Nigel. “Da quando quel tizio ha comprato la società, la situazione è strana.”

Nigel si stava riferendo al nuovo direttore del Centro Farmaceutico, Miles Cameron, un ex manager di fondi speculativi che aveva una certa popolaritГ  sui tabloid.

“Ho una brutta sensazione,” mormorò Nigel, quindi scomparve lungo il corridoio. Mia lo seguì, la mente in subbuglio. Magari la riunione poteva significare buone notizie? Pensava spesso a Phoxy come al suo composto. Dopotutto il suo contributo era stato cruciale nella progettazione del piccolo inibitore molecolare.

Mia si fermГІ davanti a una porta con una targa che diceva Tecnologia delle proteine: Dottor Timothy Bagley e bussГІ.

“Avanti!” tuonò la voce di Bagley dall’interno. Quell’uomo aveva zero qualità sociali e gli piaceva fare il capo.

Mia aprì la porta di uno spiraglio.

“Ehi Tim, passavo solo per prendere il mio incarico,” disse con tono allegro.

“Finalmente! Dove sei stata?” chiese Bagley, passandosi una mano tra i capelli radi. Dietro alla sua scrivania c’era uno scaffale carico delle sue adorate statuine collezionabili di anime giapponesi. Sopra al suo computer c’era una foto autografata della Wonder Woman Gal Gadot. Aveva aspettato in coda per sei ore al Comic Con di San Diego per accaparrarsela.

“Scusa. Sono partita tardi e…”

“Riunione inderogabile alle dieci,” la interruppe Bagley. Si alzò e prese la cartella dei compiti di Mia dalla parete, tirandosi giù la camicia che si era sollevata sulla pancia prominente. “Ho bisogno che fai una revisione di dati su Phoxy per me.”

“Nessun problema.”

Un tempo Bagley aveva lavorato come tecnico, ma da quello che aveva sentito, non era stato molto in gamba. Si chiese se addirittura si ricordasse come fare una revisione dati.

“Beh, cosa stai aspettando? Adesso!”

Nel silenzio del suo laboratorio, Mia verificГІ la sequenza dei passaggi che portavano alla creazione del composto NJ-101, 422, prendendo dei concisi appunti.

Un bip interruppe il suo lavoro. Era un messaggio di Mark.

C – Simbolo occhi – sta – Simbolo luna

Mia fissГІ la serie di immagini, cercando di decifrarne il significato.

Ci occhi sta luna? Ci vedo sta sera? Oh! Ci vediamo stasera.

Scorse i messaggi precedenti. Faccina con il bacio. Pollice verso l’alto. Occhi. Cuore. Testa che esplode. E la sua preferita, l’emoji dell’omino che corre per dire “sono di corsa, troppo impegnato per parlare.” Si irrigidì. Quand’era stata l’ultima volta che aveva ricevuto da Mark un messaggio scritto, con vere parole? Avrebbe dovuto sentirsi lusingata che il suo bel fidanzato le mandasse dei messaggi, e invece si trovava ad essere leggermente irritata. Non pretendeva Shakespeare, ma il livello delle emoji stava rasentando il ridicolo. Rimise via il telefono. Gli avrebbe risposto dopo la riunione.

Esattamente quaranta minuti più tardi, con i suoi appunti in perfetto ordine, Mia prese il suo iPad e si diresse verso la sala conferenze. All’interno si respirava un’atmosfera elettrica. Al centro della stanza era piazzato un grosso schermo HD.

Le riunioni sulle statistiche erano generalmente qualcosa della serie �si ricomincia da capo’. Si discutevano i fallimenti critici e si suggerivano soluzioni per poter migliorare il composto. Ma il NJ-101, 422 aveva passato la prima prova alla grande. E perché avevano messo lo schermo?

Bagley era seduto accanto al dottor Anjou, il direttore del laboratorio di Tossicologia. Mia scorse una sedia vuota accanto a Nigel e andò a sedersi lì.

“Nessuna novità?” sussurrò.

“Nada,” le rispose. “Stanno parlando tutti. Ma nessuno dice niente,” aggiunse con tono cospiratorio.

All’improvviso si alzò in piedi il dottor Pinchot, che sovrintendeva alla produzione nella sede del New Jersey. Nella stanza calò il silenzio.

“Come tutti voi sapete, i risultati della fase uno della prova clinica del NJ-101, 422 sono stati stellari. Ora, ho qui una sorpresa. Vi invito a dare il benvenuto al CEO del Centro Farmaceutico, Miles Cameron.”

L’atmosfera nella stanza cambiò immediatamente, come se un aeroplano fosse piombato dal cielo. Erano tutti stupefatti. La videocamera sopra allo schermo gigante ronzò e si accese, scansionando la stanza.

Poi lo schermo si illuminò e mostrò il volto burbero ma sorridente di un uomo dai capelli spettinati. Indossava una camicia hawaiana e stava seduto su una veranda in una qualche località tropicale. Alla sua sinistra c’era un tecnico impegnato al computer. Dietro di lui si vedeva una mega villa con una piscina enorme. L’inquadratura della videocamera incorniciava l’andirivieni di diverse donne piuttosto attraenti.

“Ehilà, tecnici,” disse Cameron chinandosi in avanti con un sorriso. “Quindi questa è la squadra che ha fatto il botto?”

Mia guardГІ Nigel con espressione interrogativa, ma lui scrollГІ le spalle.

“Temo che nessuno dei presenti sia ancora stato aggiornato, signore.”

“Beh, allora aggiorniamoli!” Cameron rise.

“Per quanto riguarda il NJ-101, 422…” iniziò Pinchot.

“… Intendi Phoxy?” chiese Cameron.

“Sì, certo, Phoxy,” si corresse Pinchot. “I partecipanti alla prova clinica hanno vissuto un effetto collaterale inaspettato ma ben accolto.”

Lo schermo si illuminГІ con scatti prima-e-dopo dei volontari alla prova. Tutti, uomini e donne, avevano perso una buona quantitГ  di peso.

Si levГІ un sussulto collettivo da parte degli scienziati.

“Di media, ogni soggetto ha perso una ventina di chili in sei mesi,” continuò Pinchot. “Nessun effetto collaterale. Nessun calo di concentrazione. Nessun attacco di fame.”

Un mormorio si propagГІ tra i presenti.

“Siamo di fronte a una miniera d’oro,” disse Cameron. “Addio, Jenny Craig. Sayonara Wight Watchers. Phoxy sarà la pillola dietetica del secolo. Voi geni di laboratorio avete creato una medicina spaventosamente miracolosa. Chi ha tirato fuori questa roba?”

“A capo del team c’era il dottor Tim Bagley,” disse Pinchot.

“Beh, alzati e fai un inchino, Bagley,” disse Miles Cameron.

Gli scienziati nella stanza iniziarono a battere le mani senza molto trasporto. Bagley si alzГІ a fatica dalla sua sedia, tirando giГ№ la camicia per coprirsi la pancia.

Mia non poteva credere ai suoi occhi. Tim Bagley, l’uomo che faceva fatica a orientarsi all’interno di un laboratorio, si stava accaparrando tutto il merito?

“Ehm, grazie,” disse Bagley, guardandosi attorno nervosamente.

“Come funziona Phoxy esattamente?” chiese Cameron.

“Beh, ecco, ehm… è piuttosto complicato.”

“Non sono diventato ricco perché sono stupido, dottore. Mettimi alla prova.”

Bagley guardГІ Mia con la disperazione negli occhi. Era evidentemente perso.

“Io, ehm, signorina Bold, può passarmi quel resoconto?”

Mia doveva ammettere che provava una certa soddisfazione nel guardare Bagley così a disagio. Il sudore gli imperlava la fronte e gli occhiali gli stavano scivolando sul naso. Mia gli porse l’iPad, ma lui non fece che fissare i suoi appunti come un uomo al patibolo.

“Ebbene?” chiese Cameron.

“Ehm, uhm, sembra che abbiamo programmato un piccolo inibitore molecolare,” disse Bagley, quasi strozzandosi.

“Sì? Come abbiamo fatto?”

Mia non vedeva l’ora di sentire la risposta di Bagley, dato che ogni volta che tentava di spiegargli delle parti di progetto, lui era troppo occupato a giocare a Dragon Age o a Minecraft sul suo computer, per poterla ascoltare.

“Uhm, bene, direi che ci siamo palleggiati un sacco di idee…” Fece un respiro profondo e tremante. “E poi, ehm, abbiamo pensato a come regolare l’insulina, e…”

Mia conosceva quel tono.  Bagley stava tentando di arrampicarsi sugli specchi per salvarsi. Cameron annuì, come se Bagley stesse effettivamente dicendo qualcosa. Gli ultimi due anni di straordinari le scorsero in un lampo davanti agli occhi. Pensava davvero di cavarsela così? Non poteva veramente più sopportarlo.

D’impulso, Mia si alzò in piedi. Tutti si voltarono a guardarla. C’era un tale silenzio nella stanza, che si poteva sentire il minimo rumore. Mia si schiarì la gola e Nigel sprofondò nella sua sedia, percependo ciò che stava per succedere.

“Phoxy mira alla proteina tirosina fosfatasi PTP1B, nello specifico a un enzima,” disse Mia con voce chiara.

La videocamera ruotГІ verso di lei.

“… chi è questa?”

“Mia Bold, signore. Sono un tecnico di laboratorio nel team del NJ-101, 422.”

“Lei è quella che l’ha chiamata Phoxy?” chiese l’uomo sorridendo.

“Quello è solo un soprannome, un’abbreviazione di come viene definito il tipo di enzima fosfatasi che abbiamo inibito,” gli rispose, improvvisamente imbarazzata. In realtà non si era aspettata che quell’appellativo rimanesse.

“Ah sì? Beh, il nome mi piace un sacco. Breve, conciso, e facile da ricordare. Lei è un genio del branding. Questa sostanza prende la gente ordinaria e la trasforma in gente magra e… foxy. Sensuale. Lei ha davvero spostato l’ago della bilancia nel verso giusto per l’azienda. In tutti i sensi!” Poi fece un cenno al suo tecnico informatico. “Ora rimettimi in comunicazione con Bagley.”

La videocamera ruotГІ nuovamente su Tim Bagley, il volto ormai madido di sudore. Sembrava sul punto di svenire.

“Signore?” disse, tirandosi la camicia.

“Lei ha guidato la squadra. Si merita un premio! La faccio volare alle Hawaii, dottore!” disse Cameron. Fece avvicinare una delle ragazze. “Vedi quel tizio? Quello è lo scienziato che ha creato Phoxy! Gli organizzeremo una festa.”

“Oh, è carino, Cammy,” disse lei con tono civettuolo, chinandosi verso l’obbiettivo e mostrando un enorme decolté. “Qui fa caldo, dottore, ti piacerà un sacco!”

Tim Bagley rimase immobile davanti alla luce abbagliante dello schermo come un topo ipnotizzato da un serpente.

“Mi scusi, signor Cameron?” disse Mia. “Non è un po’ presto per festeggiare? La seconda fase della prova richiederà anni.”

“Può ripetermi il suo nome?”

“Mia Bold.”

“Pensa che abbia donato alla campagna per la presidenza per la mia salute? La FDA ha già messo in lizza Phoxy come pillola dietetica. Arriveremo sul mercato al massimo entro cinque anni. Digli la parte migliore, Pinchey.”

Il signor Pinchot si girò verso il gruppo di scienziati. “Seguiremo il modello finanziario del Viagra per Phoxy. Abbiamo valutato che il mercato sosterrà il peso di venti dollari a pillola, forse anche di più. Alla luce del profitto stimato a lungo termine, il signor Cameron ha approvato un generoso bonus per tutti i componenti del team.”

“Ma quel prezzo è ridicolo. È scorretto,” contestò Mia. “Senza dovute prove cliniche, l’assicurazione non coprirà quel costo per i diabetici. Chi potrebbe ricevere aiuto dal medicinale ma non fosse in grado di permetterselo, morirà.”

Miles Cameron guardГІ Mia dritto negli occhi, la sua pazienza evidentemente al limite.

“Nessuno le ha mai detto che lei è una specie di guastafeste? Il Centro Farmaceutico sarà il numero uno. Basta discussioni sul diabete, d’accordo?”

Mia si sentì avvampare in volto mentre Cameron sorseggiava il suo champagne. La cosa intelligente da fare era sedersi, intascarsi il bonus, mandare giù il suo senso di ingiustizia e fare la simpatica. Questo sarebbe stato ciò che Mark avrebbe voluto da lei. Ma la sua altra metà era del tutto furiosa.

“E non voglio neanche più sentir parlare di quella parola con la D.”

Cameron alzò il suo bicchiere come a voler fare un brindisi, le rivolse un sorriso compiaciuto e le fece l’occhiolino.

Ecco fatto. Mia aveva perso la pazienza.

“Davvero Cammy? Di che parola con la D stiamo parlando?”

“Silenzio, Bold!” sibilò Bagley.



“Me ne vengono in mente alcune di davvero adeguate a descriverla, signor Cameron, a partire da debosciato per andare a finisce con un semplice deficiente!”

“Te l’avevo detto che avevo una brutta sensazione,” sospirò Nigel, prendendosi la testa fra le mani.

Nella sala calГІ il silenzio.

“Cosa mi ha appena detto?” chiese Miles Cameron, le guance improvvisamente rosse.

“Ho detto che lei è un deficiente,” disse Mia senza esitazione. “E con quella parola intendo lento di comprendonio e incapace di capire un concetto molto semplice, come il motivo per cui abbiamo progettato quel medicinale, tanto per cominciare.”

Nigel sollevГІ la testa dalle mani e guardГІ Mia con estremo rispetto, ma anche con terrore.

Sullo schermo, Miles Cameron fissava la videocamera, furente. Dietro di lui tutto il suo entourage era impietrito. A quanto pareva, bisognava evitare a tutti i costi di far arrabbiare �Cammy’. Il tecnico informatico si nascose dietro al suo portatile, come se fosse uno schermo in grado di proteggerlo.

“Gigi, vai a vedere a che punto è il pranzo,” disse con voce secca Miles Cameron rivolgendosi alla ragazza in bikini.

“Certamente, Cammy…”

“Come ha fatto lei ad entrare nel mio team medico? Lei è arrogante, maleducata e incredibilmente insubordinata. Bagley? A che stavi pensando?”

Bagley scattò sull’attenti, accecandosi quasi un occhio con un dito mentre cercava di sistemarsi gli occhiali.

“Uhm… è solo una componente secondaria del team, signore. Un semplice garzone. Del tutto sostituibile.”

“Davvero Tim?” gli chiese Mia, lanciandogli un’occhiata torva. Non poteva credere che si stesse aggrappando a questo. Fece un respiro profondo e cercò di parlare con calma. “Senta, signor Cameron. Il fatto è che sono stata io a creare il meccanismo che fa funzionare Phoxy. Sono un componente critico della squadra di lavoro. Avranno bisogno che io proceda, indipendentemente da come lei intenda commerciare il medicinale.”

“Non è vero!” esclamò Bagley. “Assolutamente falso.”

Mia si voltò verso Tim Bagley, che si sentì annichilito sotto al suo sguardo.

“Ti ricordi come abbiamo inibito il PTP1B, Tim?”

“Dovrò dare un occhio ai miei appunti.”

“A me non serve. Abbiamo usato un piccolo peptide, il F2PMP.”

“Certo…”

“… E come abbiamo aumentato la potenza?”

“Ehm, non me lo ricordo,” disse Bagley, la fronte imperlata di sudore. “Con un gruppo fenile?”

“In realtà si è trattato di un gruppo naftalene.”

“Ok, ok,” disse Miles Cameron. “Vedo che lei è brava nel suo lavoro, Bold. Vuole una posizione migliore? È di questo che si tratta? Un piccolo sfogo per ottenere l’attenzione del capo? Per mostrare quanto vale? Va bene. Chiaramente lei è un elemento importante del Centro Farmaceutico. Cosa vuole?”

Mia non aveva idea di cosa rispondere. Gli aveva giГ  detto quello che voleva.

“Vuole il lavoro di Bagley? Nessun problema.”

“Ma sono io il capo,” disse Bagley, tentando di autoconvincersene.

Cameron lo ignorГІ e continuГІ a restare concentrato su Mia.

“Posso darle una posizione di maggiore rilievo nella società, farla avanzare velocemente. Entro la prossima primavera farà duecentomila dollari. Ma c’è una condizione. Deve essere d’accordo con il fatto che Phoxy diventerà una pillola dietetica. Altrimenti può prendere le sue cose e andarsene a casa.”

Mia fece un respiro profondo e chiuse gli occhi per controllare la propria rabbia. Quindi era così che lavorava questo tizio. Quando voleva qualcosa, se lo comprava o faceva una minaccia. Ci pensò su un secondo. Voleva prestare fede alle proprie parole? Non era questo il significato di integrità?

“Se lei trasforma Phoxy in una pillola dietetica e abbandona del tutto le prove per il diabete,” disse Mia, “sarò costretta a dare le dimissioni.”

Nigel scosse la testa e le fece segno di stare zitta.

Il sorriso a trentadue denti di Miles Cameron si dissolse e i suoi occhi si colmarono di indignazione.

“L’ha detto lei, Bold!” disse, agitando un pugno in aria come un bambino frustrato, con le gocce di saliva che gli saltavano fuori dalla bocca a ogni parola. “Le risparmio la rogna di doversi dimettere. Tutti sono sostituibili. Lei è licenziata!”




CAPITOLO TRE


Quando Mia ebbe ripulito la sua scrivania e venne accompagnata fuori dall’edificio, era solo mezzogiorno. Prese i suoi bagagli e imboccò la strada pensando a come ammazzare il tempo nelle sei ore che le restavano. Il cielo di Trenton era nuvoloso e minacciava pioggia, quindi si sistemò in uno Starbucks. Mentre aspettava il suo tè verde con latte e la sua schiacciata, ripensò all’orribile scambio intercorso tra lei e Miles Cameron. La maggior parte delle persone avrebbero voluto avere la freddezza mentale necessaria per dire agli altri ciò che realmente pensavano, ma Mia lo faceva sempre. A volte se ne pentiva a posteriori, ma non oggi. Miles Cameron era un bullo. Era contenta di averlo affrontato. Mentre sorseggiava il suo tè, pensò anche alla scomoda verità: aveva perso tanto il suo appartamento che il suo lavoro.

Cosa dovrei fare? si chiese, rendendosi conto di non avere un minimo straccio di piano. Quella constatazione la colpì. Non era una cosa che sua mamma diceva sempre quando era bambina? Ricordava un giorno che erano seduti al tavolo di linoleum della cucina, quando ancora c’era il suo padre naturale, lei con i piedi penzolanti dalla sua sedia, intenta a guardare Frank che beveva il suo caffè e sfogliava le pagine di una rivista.

“Non hai nessun piano, vero?” gli aveva detto sua madre, mentre asciugava una scodella con uno strofinaccio rosso e bianco.

“I piani non fanno che mettere i bastoni tra le ruote alla fortuna, cara,” aveva ribattuto lui. Poi aveva fatto l’occhiolino a Mia. “Su, piccina. Pare che la mamma abbia bisogno di una giornata libera.” Quelle parole significavano sempre che c’era un’avventura ad attenderli.

Per una volta avrebbe voluto essere più come Frank. Sembrava che niente lo preoccupasse mai. Era l’incarnazione del detto latino carpe diem, cogli l’attimo. Per ora le sembrava che fosse stata la giornata a cogliere lei. Ricomponiti, pensò. Non vuoi che Mark ti veda fare così.

“Mia,” chiamò la barista.

Mia prese il suo pranzo e si accomodГІ a un tavolino. E adesso? Beh, avrebbe dovuto escogitare un piano. Il pensiero di ricominciare da capo in un altro laboratorio la metteva a disagio. Aveva appena passato due anni a lavorare su un medicinale che non avrebbe mai espresso il suo completo potenziale. E poi il lavoro di laboratorio non era la sua passione: non quanto scrivere e fare ricerca per i suoi podcast, cosa che invece adorava.

Aprì il portatile per fare un po’ di lavoro. Aveva appena completato un’enorme ricerca sulla presunta presenza di strani fenomeni vicino a un elettrodotto. Ora doveva solo stendere il copione con cui presentare la sua teoria: che gli avvistamenti di fantasmi erano allucinazioni provocate dai potenti campi elettrici. All’inizio aveva i nervi troppo tesi per potersi concentrare, ma dopo poche pagine, prese il giusto ritmo della scrittura. Poche ore dopo, il suo telefono vibrò e le arrivò una fiumana di emoji.

Omino che corre – Auto – Cartello autostrada – Occhi – tu – 18.

Ok, ci vediamo dopo, gli rispose.

Magari stasera Mark avrebbe finalmente fatto il Prossimo Passo. Il pensiero di un futuro a fare ciò che adorava, con il suo fidanzato al proprio fianco, era meraviglioso. Se avessero preso casa insieme, Mia avrebbe potuto trasformare i suoi podcast in un vero lavoro e dedicare più tempo alla commercializzazione della cosa. Era riuscita a piazzare Appuntamento con l’occulto, perché non anche Appuntamento con il vampiro e Appuntamento con la strega? Non si sarebbe fatta scappare mai più la scadenza di un’inserzione. Lavorare a tempo pieno a The Vortex sarebbe stato una sfida, ma l’idea l’emozionava. Amava fare podcast, e voleva davvero provarci. L’unico problema era che Mark non era proprio un tipo risoluto. Di certo era diventato più ambizioso da quando si erano conosciuti. Ma in modo molto simile a Frank, quando si trattava di fare dei programmi, anche Mark si tirava sempre indietro. Forse perdere il suo lavoro era solo la spinta di cui la loro relazione aveva bisogno. Di sicuro ora si sarebbe fatto avanti per aiutare la sua ragazza. Mia si rese conto che tutto il suo futuro sarebbe stato deciso nelle prossime ore. Tutto dipende da stasera.

Andò verso la palestra, si mise pantaloni e maglietta da allenamento e corse per quaranta minuti. Poi si fece una doccia e indossò il suo vestito aderente asimmetrico. Aveva le guance arrossate per l’allenamento, quindi non ebbe bisogno di molto trucco: giusto un pelo di mascara e un lucidalabbra scuro. I suoi capelli facevano di testa loro come al solito, ma Mia lisciò le onde ribelli con dell’olio lucidante, si infilò le scarpe con i tacchi e si voltò per assicurarsi di essere presentabile. L’ultimo tocco era una collana che Mark le aveva regalato a Natale: un pendente d’oro Penn State.

Quando uscì, scoprì che stava piovigginando. Sollevata nel vedere la macchina di Mark che l’aspettava, corse sotto le gocce in direzione della berlina BMW. La portiera si aprì e lei si infilò dentro, prendendo posto sul sedile del passeggero. Mark era schiacciato al posto di guida, intento. Mia si chinò verso di lui per baciarlo, ma lui le sorrise e tese un dito per fermarla.

“Solo un secondo,” le disse, piegandosi in avanti. “Le basi sono cariche. Torres alla battuta.”

Mia aveva conosciuto il suo fidanzato all’Università di Penn State, dove giocava nella squadra di baseball, ed era ancora ossessionato da quello sport. Al tempo, una volta alla settimana, Mark faceva il turno di notte alla stazione radio della scuola. Quando Mia arrivava per presentare lo spettacolo della mattina, Mark era sempre arruffato e teso per aver bevuto troppe Red Bull. Se ne stava nei paraggi mentre lei leggeva le notizie, cercando di farla ridere dentro alla cabina. Lei si sforzava di restare seria, cosa molto difficile, perché Mark faceva davvero lo scemo.

Finalmente, un giorno aveva scritto COLAZIONE? su un foglio strappato da un bloc notes e l’aveva premuto contro il vetro della cabina. Lei aveva annuito. Le aveva preparato dei pancake a casa sua, e da allora erano sempre stati insieme.

“Non ti preoccupare di me,” gli sussurrò, sorridendogli. Sapeva che non era il caso di chiedere le sue attenzioni quando le basi erano cariche.

Torres al disco. Il lanciatore ha aperto con un tiro sorprendente da novanta miglia all’ora. Primo tiro. Prenderà il tiro? Bunt! Torres fa un bunt!

“Oh, andiamo!” gridò Mark, sbattendo i palmi sul volante.

Guardò Mia con un sorriso imbarazzato. “Scusa, tesoro. Sei bellissima! Adesso che ho la mia ragazza in macchina, spengo.”

“Grazie, ma non vorrei mai mettermi tra te e Torres,” gli rispose, asciugando le goccioline d’acqua sul suo vestito, mentre l’umidità le faceva arricciare i capelli, trasformandoli in una criniera selvaggia.

Mark guardГІ Mia raggiante. Stavano davvero bene insieme.

“Senti, so quanto adori il teatro,” le disse con orgoglio. “Quindi mi sono procurato i biglietti per Aspettando Godot. Dovrebbe essere esilarante.”

“Aspettando Godot di Beckett?”

“Sì, ho sentito che è uno spasso.”

“Più o meno, immagino. Direi più una tragicommedia,” commentò Mia.

“Tragicommedia? Fai l’espertona di letteratura inglese?” disse Mark ridendo. “Ad ogni modo, c’è quel tizio della TV, quello che fa lo sceriffo nella città con i mostri. Lui fa uno dei pagliacci, o quello che è.”

“Beh, adoro Beckett,” disse Mia, un po’ preoccupata dal ragionamento di Mark.

“Allora poi mi aspetto una spiegazione completa,” la canzonò lui, chinandosi a baciarla.

“Se insisti,” disse lei, un po’ senza fiato. Mentre lo baciava, sentì la tensione della giornata che si scioglieva.

Poi Mark si tirГІ indietro e appoggiГІ entrambe le mani sul volante.

“Ora fai la brava, signorina Bold. Questo appuntamento sta ufficialmente per avere inizio.”

“Ci proverò,” disse lei ridacchiando. Era bello ridere, finalmente.

“Che giornata!” disse Mark, mentre si immetteva nel traffico. “Prima sono stato al banco estero, ed è stato da matti. Un sacco di gente che cedeva azioni per colpa di quel dittatore nel medio oriente, quello che piace tanto ai russi. Tutti a spostare i soldi attraverso i conti Forex e a comprare obbligazioni.”

Mia stava ascoltando solo per metГ , pensando al modo migliore per presentargli le sue novitГ . Non sentendola rispondere, Mark lo prese erroneamente come un accenno a cambiare discorso e spostГІ la sua attenzione su di lei.

“Allora, come sta andando alla fabbrica di pastiglie?”

Mia sinceramente non aveva idea di come iniziare.

“Te lo dico mentre ceniamo.”

Mark andò fino a un ristorante italiano che entrambi amavano e lasciò la macchina nel parcheggio mezzo vuoto. Mentre le apriva la porta, Mia si sentiva nervosa. Cosa gli avrebbe raccontato? Aver perso sia l’appartamento che il lavoro era un po’ sconsolante, oltre ad essere un sacco di roba da spiegare.

Il ristorante era caldo e accogliente. Un robusto cameriere li accompagnò a un tavolino d’angolo, dove si sistemarono, preparandosi a ordinare. Mark si accomodò, perfettamente a proprio agio.

“Allora, il tuo capo è andato a nessun convegno del Dottor Who, ultimamente?”

“Ecco, diciamo che è una delle cose di cui vorrei parlare.”

“Il Dottor Who?” rispose Mark ironico.

Mia lo guardò nervosamente, sperando di ricevere da lui un qualche aiuto, ma Mark continuava a studiare il suo menù, aspettando che lei finisse il discorso. Mia decise quindi di partire dalle piccole cose e dirgli prima dell’appartamento.

“Mi dovrò trasferire…”

Mark sollevГІ leggermente le sopracciglia. Curioso, ma non preoccupato.

“… trasferirti? Pensavo che Brynn e Jeff ti sostenessero.”

“Jeffrey ha venduto il condominio.”

“Ma dai! Jeff ha venduto il condominio? Deve aver fatto un colpaccio! Adoro quell’uomo.”

“Devo andarmene tra due settimane.”

“Oooh, roba rapida. Non ti preoccupare, tesoro,” la rassicurò. “Troveremo un posto, chiameremo una ditta di traslochi. Andrà tutto bene.”

Mia fissò Mark confusa. Sapeva che lei stava vivendo senza dover pagare l’affitto, eppure non sembrava per niente preoccupato. Doveva raccontargli il resto, aiutarlo a vedere il quadro completo.

“Il fatto è che ho perso il lavoro,” disse.

“Sul serio? Cos’è successo?” Questa volta Mark sembrava davvero preoccupato. Si chinò in avanti e le diede tutta la sua attenzione.

La storia le uscì di bocca in un migliaio di pezzetti frammentati, concludendosi con l’epico scontro finale con Miles Cameron.

“Miles Cameron? Il megamiliardario?”

“Sì, è stato davvero orribile…” Mentre descriveva i dettagli, l’atteggiamento di Mark iniziò a cambiare. La sua espressione solitamente così solare si fece più dura. Le narici si dilatarono in chiaro segno di rabbia.

Mia provò un senso di sollievo. Mark capiva quello che Cameron aveva fatto, il modo in cui l’aveva minacciata e insultata. Era arrabbiato per il pessimo trattamento che la sua fidanzata aveva subito.

“Ho dovuto issarmi a difesa dell’umanità,” gli disse, portando la storia a una drammatica conclusione. Poi lo guardò, orgogliosa e ancora emozionata per aver difeso i propri principi.

Mark la fissГІ per un momento, come se stesse tentando di formulare la risposta giusta. Il cameriere portГІ loro da bere, e lui mandГІ giГ№ la sua birra in due sorsate. Poi parlГІ.

“Hai rifiutato un lavoro da sei cifre?” La sua voce sembrava tesa.

“Ho dovuto farlo,” disse Mia, non capendo completamente perché si stesse concentrando su quell’aspetto della storia.

“Perché mai fare una cosa del genere?” le chiese con rabbia. Alcuni altri clienti del ristorante si voltarono verso il loro tavolo. Mia era stupita dall’intensità della sua reazione.

“Hai sentito quello che ho appena detto? Quell’uomo era insopportabile.”

“È un multimiliardario. Pensi che sia facile?” ribatté Mark, diventando man mano più agitato.

Mia rimase a bocca aperta.

“Aveva intenzione di cambiare destinazione d’uso di un importante farmaco contro il diabete,” gli spiegò.

“È la sua azienda, Mia. Può farci quello che vuole.” Nella voce di Mark c’era una nota acuta che Mia non aveva mai sentito prima d’ora. Mark chiamò il cameriere e ordinò un’altra birra. “Ho bisogno di bere qualcos’altro dopo questo disastro.”

“Disastro? Mi stai dicendo che avrei dovuto accettare i soldi?”

“È proprio quello che sto dicendo, Mia. Sai quanto sia costosa New York. Se entrambi avessimo un reddito da sei cifre, magari potremmo permetterci più di uno sgabuzzino. Hai davvero mandato tutto a puttane.”

Mia si sentì avvampare in viso. Sembrava che tutti nel ristorante li stessero fissando.

“Posso trovare un altro lavoro, Mark.”

“Tu? Sei un tecnico di laboratorio. Pensi che chiunque ti proporrebbe un contratto da duecentomila dollari? Questa era la tua possibilità, la nostra possibilità. Il Prossimo Passo è una cosa costosa, Mia.” Calò il silenzio.

Mia stava fissando il suo fidanzato, stupefatta. Mark non le aveva mai parlato così. Si sentiva mortificata, ferita e confusa. Le relazioni erano una situazione in cui ci si aiutava quando le cose diventavano difficili, o no? La signora al tavolo accanto la guardava con compassione.

“Cosa vorresti dire? Ti ho raccontato quello che è successo. Sono stata il fulcro nella creazione di quel medicinale. Non sono solo un tecnico di laboratorio. Sono un fantastico tecnico di laboratorio.”

“È solo che a me sembra che il lavoro qui lo faccio tutto io,” disse Mark scrollando le spalle.

Mia sentì le lacrime salirle agli occhi. Ricacciò indietro i suoi sentimenti prima che lui potesse vedere quanto l’aveva ferita. Come avevano fatto le cose a precipitare così rapidamente? Forse era meglio se ora tagliava la testa al toro e gli diceva come si sentiva.

“Senti, Mark. Il lavoro in laboratorio mi piace, ma le dinamiche e l’organizzazione sono frustranti. Quello che voglio veramente è far funzionare The Vortex.”

Mark parve sgonfiarsi davanti ai suoi occhi. La rabbia evaporГІ e lui sprofondГІ nella sua sedia.

“… Vedi? Ecco qual è il problema. Non sei seria, Mia. Continui sempre a sognare.”

“Ma essere una coppia non dovrebbe significare supportarsi a vicenda nei propri sogni?”

“No, se sono sogni del piffero! Cosa vuoi da me, Mia. Dimmi solo quello che vuoi.”

“Che ne dici di fare il Prossimo Passo con me? Siamo fidanzati da due anni. Non dovremmo andare a vivere insieme? Fissare la data per il matrimonio? Iniziare a fare programmi?”

“Non è così semplice, Mia. Ci sono un sacco di considerazioni da fare.” Mark scrollò ancora le spalle e la guardò dritta negli occhi.

“Ma potremmo semplificare le cose, Mark. Potremmo scappare insieme. A me non frega niente di anelli e inviti di nozze, e a te?”

Questa volta non rispose, ma continuГІ a tenere gli occhi bassi, perso nei suoi pensieri. Poi scosse la testa.

“Senti, è un po’ che ci penso. Forse dovremmo prenderci una pausa.”

Mia si sentì sprofondare il cuore sotto ai piedi, come quando si trovava su una di quelle montagne russe dove Frank la portava, quelle che salivano lentamente fino in cima e poi precipitavano giù velocissime dall’altra parte.

Mark la stava lasciando?

“Cosa intendi dire?” gli chiese, sentendosi tradita, confusa e ferita. “Stai rompendo il nostro fidanzamento?”

Mark era irrequieto sulla sua sedia, quasi incapace di guardarla negli occhi.

“Penso solo che non stia funzionando,” disse alla fine.

Mia lo fissò. Da quanto la pensava così? Da quando si era trasferito a New York per inseguire la sua carriera nella finanza, era stato evasivo. Fino ad ora, lei aveva imputato il suo comportamento allo stress del nuovo lavoro. Adesso si rendeva conto che c’era qualcosa di più profondo.

“Ricordo quando anche tu avevi un sogno, Mark. Volevi creare una community online che facesse da punto d’incontro tra mentori e aspiranti imprenditori del terzo mondo. Cos’è successo a quel ragazzo?”

“È cresciuto,” disse Mark con tono calmo. “Quello che voglio diventare adesso, è un gestore di fondi speculativi. E sei cambiata anche tu Mia, lo sai benissimo.”

“Forse hai ragione,” gli disse, sentendo le lacrime che minacciavano di tornare. Non voleva che Mark la vedesse piangere. Cacciò giù i propri sentimenti feriti. La verità era che si erano allontanati. Lui era ancora un bravo ragazzo. Ma la sua compassione era stata eclissata dall’ambizione.

“Sai, Mark, una volta credevi in un mondo migliore. Ora non sono più sicura di cosa credi. Ma so che non credi in me.”

Sperava che avrebbe ribattuto alle sue parole, che le avrebbe detto che si sbagliava, e invece fece solo segno alla cameriera di portare il conto. Rimasero in silenzio ad aspettare. Non era rimasto altro da dire.

Mia prese il telefono dalla borsetta e aprì la app Uber per chiamare un’auto.

“Devo prendere le mie cose dalla tua macchina.”

Mark pagò il conto e la seguì fuori. L’auto che mia aveva chiamato arrivò e lei vi mise dentro le sue borse. Poi si voltò verso Mark e lo guardò negli occhi per l’ultima volta.

“Senti, magari potremmo…” le disse lui.

“… Dovresti andare a vedere lo spettacolo. Aspettando Godot parla dell’attesa di qualcosa che non succederà mai, un po’ come io che aspettavo il nostro Prossimo Passo. Addio, Mark.” Lo baciò sulla guancia e si infilò nell’Uber. Mentre l’auto partiva, iniziò a cadere una fredda pioggia.




CAPITOLO QUATTRO


Mia si svegliГІ sotto a un groviglio di coperte stropicciate. Per un breve momento le parve una mattina come tutte le altre. Il sole stava brillando dietro alle imposte e il rumore del traffico iniziava a farsi piГ№ intenso. Sul suo telefono arrivГІ una notifica. Nervosamente lo afferrГІ: magari Mark aveva cambiato idea e la chiamava per parlarne? ControllГІ messaggi e email. A parte un principe nigeriano che chiedeva le sue credenziali bancarie, la sua casella era vuota. SprofondГІ nuovamente sul suo cuscino, triste e avvilita.

Uff, ieri ГЁ stato il giorno peggiore della mia vita!

Il ricordo della totale mancanza di appoggio da parte di Mark era ancora vivido e doloroso. E poi le faceva male la testa. Oh sì, ora ricordava. Era rimasta sveglia fino a tardi con una bottiglia di Pinot a guardare repliche di Cacciatori di fantasmi. Quindi questo era il primo giorno di ciò che restava della sua vita. Il grande spazio vuoto che costituiva il suo futuro sembrava schiacciante. Il telefono suonò, ridestandola dai suoi pensieri. Era Mark? Si strofinò gli occhi e fissò lo schermo mentre le tornava in mente un promemoria molto spiacevole.

Ore 18.30 di stasera. Cena I&P.

No!

La cena annuale dell’Incatramata con piume veniva organizzata dai Middleton ogni primavera in onore dell’illustre antenato della famiglia – Arthur Middleton – che era stato un grosso fan della citata punizione, riservata agli oppositori durante la Rivoluzione Americana. Mia aveva la netta sensazione che non appena avesse detto alla sua famiglia che nello stesso giorno aveva perso lavoro e fidanzato, sarebbe stata lei a finire ricoperta di catrame e piume.

Si tirò le coperte sopra alla testa. Starsene seduta alla cena dei Middleton con tutte le loro stupide domande e le scuse che lei avrebbe dovuto porgere, era l’ultima cosa che voleva. Tirerò fuori una scusa, pensò, appena mi passa questa balla e il mio cervello ricomincia a funzionare.

Percependo il suo bisogno di compagnia, Tandy saltГІ sul letto e premette il muso contro la sua spalla. Mia si era fermata a prenderlo tornando verso casa, dicendo a Brynn che aveva mal di testa e che la serata era finita presto. Mia sbirciГІ fuori dalle coperte e lo vide intento a fissarla incuriosito, i suoi occhi marroni stranamente comprensivi e compassionevoli. Come a volerla rassicurare, le leccГІ la mano.

“Hai ragione,” gli disse, gettando via le coperte. Sentì girare un poco la testa quando si mise a sedere e fece un respiro profondo. Non poteva permettersi di provare pena per se stessa. C’erano un milione di cose da fare. Tandy saltò giù dal letto e iniziò a correre qua e là, contento che si fosse alzata e si stesse muovendo.

Mia andò in bagno, si lavò il viso dagli ultimi residui di make-up della sera precedente e si spazzolò i capelli. Poi mandò giù tre aspirine con il suo caffè, si infilò una tutta e portò Tandy a fare una corsa. Trenta minuti e tre miglia più tardi, era tornata nel suo loft, arrossata, sudata e leggermente rinvigorita. Si fece una doccia e si vestì. Oggi non serve nessuna camicia ordinata, pensò.

Dopo lo scontro con Miles Cameron, le Risorse Umane si erano dimostrate piuttosto generose con la liquidazione, fintanto che lei accettasse di non parlare alla stampa e non denunciasse la societГ  per terminazione ingiusta del contratto. E poi aveva da parte i suoi risparmi. Fece il conto. Se stava attenta, poteva avere a sufficienza per un acconto e tre mesi di affitto, oltre alle spese per vivere. Non era molto tempo per far funzionare The Vortex, ma era pur sempre qualcosa. Poi avrebbe dovuto trovare un lavoro sicuro.

Quando tornò in salotto, notò una chiamata persa. Le balzò il cuore in gola quando vide che c’era un messaggio in segreteria. Magari era Mark, e alla fine non avrebbe dovuto affrontare un futuro incerto. Poi riconobbe il numero. Era Brynn. Sospirò e premette il tasto per ascoltare.

“Mimi? Jeffy ha ricevuto una chiamata molto strana da parte di Mark stamattina. Va tutto bene? Chiamami se riesci. Oppure ci vediamo direttamente stasera.”

Il cuore di Mia crollò a terra. Mark aveva chiamato loro, non lei. A quanto pareva gli interessava di più coltivare Jeffrey come futuro cliente che riparare la loro relazione. Apprezzava la preoccupazione di sua sorella. Ma non si sentiva pronta a parlare. Che scusa poteva usare per evitare la cena? Intossicazione alimentare? Che doveva fermarsi al lavoro fino a tardi? Che il suo ex ragazzo l’aveva scaricata e non voleva essere costretta a spiegare tutto nel dettaglio? Mandò velocemente un messaggio a Brynn.

Ti spiego dopo. Non mi sento ancora in forma.

Brynn le rispose immediatamente.

Non osare lasciarmi sola a quella cena, Mimi!

Fregata, pensГІ Mia.

Va bene! Ok, ci vediamo stasera. Ma ti prego, non parlare di Mark davanti a tutta la famiglia! le scrisse.

Forse la cosa migliore era rimettersi subito al lavoro. Poteva darsi che non fosse troppo tardi per salvare l’account O-Date. Avrebbe registrato lo spot e l’avrebbe mandato ad Angie con delle scuse. Premette il pulsante d’accensione del suo portatile. Non appena lo schermo di accese, Angie le mandò un messaggio.

Non ti preoccupare per quello spot. Andiamo avanti con un altro podcast. �Libro, campanella e candela’. È nuovo. Un sacco di visualizzazioni. Scusa, Mia! Stammi bene.

Dannazione, pensò Mia con una bruttissima sensazione. Ecco che anche O-Date se ne andava. Ora aveva davvero zero entrate. Aveva una voglia disperata di tornare a letto, ma aveva solo due settimane per fare qualcosa. Aprì un nuovo documento e stese una lista delle cose da fare.

Prendere scatoloni. Inscatolare roba.

Cercare appartamento.

Potenziali sponsor? Chiamate a freddo. Uff.

Ok. Punto uno. Scatoloni. Non c’era un negozio UPS in fondo alla strada? Stava per cercarlo su Google, quando il suo telefono suonò di nuovo. Questa volta fece un salto e quasi le venne un colpo. Non posso proprio andare avanti così, pensò mentre fissava il numero, questa volta sconosciuto

Prese il telefono. Tanto cos’altro poteva andare storto?

“Pronto?”

“Parlo con Mia Bold?”

Mia si preparò ad ascoltare qualche offerta. “Sì.”

“Ciao Mia! Sono contento di averti beccato,” disse un’amichevole voce maschile. “Prima di tutto, sono un grosso fan di The Vortex. Davvero un grosso fan!”

“Ehm, grazie,” riuscì a dire Mia, arrossendo.

“Mi chiamo Graham Stone. Sono un produttore. Una volta mi occupavo di serie TV a Hollywood. Mai sentito parlare di Presenze?”

“Intendi dire quando la gente scompare, ma rimane attorno a noi?”

“No, lo show in TV! Prima di diventare una cosa che si faceva nelle coppie, era una serie di un’ora.”

“Non sono sicura di conoscerlo,” disse Mia, googlando il nome. Stava dicendola verità. Era presente nel database della IMDB con un breve elenco di accrediti e progetti. La maggior parte degli accrediti erano per effetti speciali fisici. Lo spettacolo Immagini fantasma era durato un anno.

“… Senti, so che fai fatica con la commercializzazione del tuo prodotto,” disse Graham. “Ho sentito le tue promo. Ottima scrittura, ma sei un’artista, non una venditrice. Ecco dove entro in ballo io.”

“Ok, ti sto ascoltando,” disse Mia, ora davvero incuriosita.

“Sono un genio del marketing. Sto lavorando a un progetto nuovo di zecca e sto già parlando con la HBO e la Disney. Ho già Appuntamento con il Vampiro e O-Date come sponsor.”

“Hai firmato O-Date?” gli chiese, irrigidendosi al pensiero dell’account che aveva appena perso. Si preparò a sentire cos’avesse da venderle questo tizio.

“Ti chiamo per offrirti un lavoro. Il mio nuovo progetto è un podcast che si intitola Libro, campanella e candela.”

“Ah, sì. Angie me l’ha accennato.” Quindi questa era la roba della campanella e della candela per cui la O-Date l’aveva scaricata? Lo show con un sacco di visualizzazioni?

“Angie-pasticcino? È fantastica. Senti, non posso ancora pagarti, a parte la spartizione dei profitti. Ma i numeri cresceranno e ci saranno degli extra. Posso offrirti un ottimo appartamentino, totalmente gratuito. Ti piacerà un sacco!”

Come fa a sapere che sto cercando casa? Doveva ammettere che Graham Stone era davvero un ottimo venditore, migliore di quanto lei sarebbe mai stata. Era molto sicuro di sГ© e il suo entusiasmo era contagioso.

“Mi sembra fantastico, signor Stone, ma…”

“Chiamami Graham.”

“Ho un cane…”

“Io adoro i cani! Come si chiama?”

“Tandy.”

“Come Vic Tandy! Che forza! Senti, il condominio è mio. Amiamo i cani! È un posto fantastico. Qual è la tua email? Ti mando un link.”

“Ecco, è solo che non penso…”

“Dacci un’occhiata. Cos’hai da perdere?”

Quelle parole la scossero come un terremoto. Cos’aveva da perdere? Tutto attorno a lei stava già cadendo a pezzi.

“Mia Bold chiocciola The Vortex punto com,” gli disse.

Si sentì un ping e subito le arrivò un link. Ci cliccò sopra e si trovò a guardare un sito immobiliare. Mentre scorreva le foto, rimase a bocca aperta. L’appartamento era bellissimo, con una certa atmosfera da vecchio mondo coloniale, ed era completamente arredato. Sembrava accogliente, ben messo e pronto per essere abitato. Alla fine vide l’indirizzo.

“Ma è in Massachusetts!”

“Già.”

“Salem, Massachusetts? Il posto del processo alle streghe?”

“Proprio quello!”

Quanti posti stregati aveva voluto andare a vedere a Salem? Troppi per poterli contare. Dunque, c’era la prigione di Salem, il Proctor’s Ledge, la Tenuta Turner-Ingersoll, la Casa della Strega, il vecchio cimitero, e molti altri.

Controllò su Maps la strada da Fishtown a Salem. Erano cinque ore di macchina. Per un momento fu tentata di dire sì. Bastava tirare fuori la sua vecchia auto dal garage a casa di Brynn, e lasciare la città. Dimenticare Mark e non dover spiegare alla sua famiglia l’intera storia. Semplicemente imboccare la strada e ripartire da zero. Potrei semplicemente prendere e partire così? Non sono mai vissuta in nessun posto oltre alla Pennsylvania. Le cose sono difficili, certo. Ma partire così e trasferirmi a trecento miglia di distanza? Decise sensatamente che l’intera idea era una follia.

“Senti, apprezzo davvero l’offerta, ma devo dire di no.”

“Non vuoi neanche sapere qual è il lavoro?”

“Scrivere?” Le sembrava piuttosto ovvio.

Graham rise e la sua voce rimbombГІ attraverso il telefono.

“Voglio molto di più, Mia! Voglio che tu sia il nostro pezzo forte.”

“Il vostro pezzo forte?”

“Sì, sai, quella col cervello. La conduttrice. Ci serve qualcuno con una base scientifica, e tu sei la migliore. Adoro come scrivi. Adoro la tua voce. Ho visto un tuo video su YouTube, e hai anche l’aspetto giusto. Sei strepitosa! Ti voglio per il mio spettacolo. Voglio fare di te una star!”

Mia era riconoscente che Graham non potesse vedere com’era arrossita.

“Mi sento lusingata, ma…”

“La prima puntata è tra tre settimane. Prenditi un po’ di giorni per pensarci, ma ti avviso che potrei diventare insistente.  Mi farò sentire.” Graham riagganciò prima che Mia potesse rispondere.

Scosse la testa. Era davvero successo?




CAPITOLO CINQUE


Mia smontò dall’Uber, cercando con attenzione di trovare il giusto equilibrio sulle sue scarpe vintage con i tacchi alti, mentre camminava sul marciapiede irregolare. La verità era che si sentiva un po’ nervosa all’idea di partecipare alla cena annuale dell’Incatramata con piume. Sollevò lo sguardo sulla solida struttura in mattoni della City Tavern che incombeva su di lei. L’edificio storico, situato a un tiro di schioppo dal fiume Delaware, era stato frequentato dai delegati del primo Congresso Continentale, riunito nella vicina Carpenter’s Hall nel 1744. A presenziare il congresso si erano succeduti George Washington, Thomas Jefferson, John Adams e l’antenato della sua famiglia adottiva, Henry Middleton, padre di Arthur Middleton, che aveva firmato la Dichiarazione d’Indipendenza. In parole povere: quel posto aveva un passato molto importante.

Il dress code per la serata era un semi-formale con �accenti dell’epoca’. Mia aveva scelto un vestito in pizzo color crema dal taglio moderno, con una gonna a più strati increspati e scollo rotondo. Gli accessori non erano una difficoltà, perché il suo patrigno, Daniel Randolph Middleton, era un commerciante di antiquariato che forniva reali pezzi americani a ricchi europei. Infatti, ogni Natale da quando aveva compiuto diciotto anni, Daniel le regalava uno strepitoso gioiello dalla sua collezione. Questa sera indossava un cameo d’epoca legato al collo con un nastro rosa.

I gradini di legno scricchiolarono sotto ai suoi piedi mentre saliva al secondo piano del locale, dove i camerieri e le cameriere correvano avanti a indietro nei loro costumi del diciottesimo secolo, servendo piatti e drink dell’epoca. Era un po’ come cenare in un museo del cibo, illuminato da candelieri e candele a fiamma aperta.

La famiglia Middleton era seduta attorno a una lunga tavolata, apparecchiata con boccali dal coperchio in peltro e ceramiche bianche. La madre di Mia, Madison, era perfettamente agghindata con un vestito di Chanel blu-navy e portava al collo un giro di perle che era appartenuto a Mary Izard, la moglie di Arthur Middleton. Seduta accanto a lei, con postura militare e un portamento elegante, c’era il patrigno di Mia, Daniel, vestito con un tradizionale panciotto. Mia si chiese se non sarebbero stati più felici se fossero vissuti nel diciottesimo secolo. Il contrasto tra il suo vero padre, Frank Bold, con il suo aspetto trasandato e un certo fascino rilassato, e il suo patrigno così tradizionale e compassato, Daniel, non avrebbe potuto essere più netto. Ma anche se a volte Daniel Middleton metteva un po’ di soggezione, era un uomo generoso e adorava sua madre.

Jeffrey e Brynn sedevano dalla parte opposta del tavolo. Un uomo dinoccolato, Jeffrey sarebbe anche stato bello, se non fosse stato per la sua espressione sempre tesa. Stava scrutando la stanza e fu il primo a scorgere Mia. Poi sussurrò qualcosa nell’orecchio a Brynn.

Maleducato! pensГІ Mia. Quella era la definizione perfetta per lui nella sua mente: riservato e noncurante di come le sue azioni facessero percepite dagli altri. Mia lo ignorГІ.

Poi c’era Reynolds Webb, l’addetti agli acquisti per la Antichità Middleton. Era vestito in maniera impeccabile, con una cravatta ascot e una spilla antica. L’unica sedia vuota al tavolo era quella accanto a lui. Perché non sono sorpresa? Sicuramente il segreto della rottura del suo fidanzamento era stato spifferato. Erano anni che Daniel tentava di sistemarla con il nervoso e timido Reynolds.

Mia accennГІ quello che sperГІ apparire come un sorriso allegro e si avvicinГІ al tavolo. Mark era sempre stato bravo a districare situazioni imbarazzanti. Questa sera avrebbe dovuto affrontare la propria famiglia da sola. Quando si fu avvicinata, Jeffrey si stava esibendo in un rapido monologo.

“E lo sceicco mi dice �Jeff, voglio comprare il condominio. Ti va di venire ad Abu Dhabi a firmare le carte? E senti questa,’ mi dice, �Puoi stare in uno dei miei palazzi.’ Come facevo a dire di no a un’offerta così? Giusto tesoro?”

“Mi mancherai, tesoro,” disse Brynn diligentemente, il vestito giallo canarino abbinato a quello di Madison.

“Eccola qua,” disse Daniel alzandosi in piedi, secondo l’etichetta di un altro secolo. “Sei adorabile, Mia.” Fece il giro del tavolo e tirò fuori la sedia per lei.

“Stai meravigliosamente con questo vestito,” disse Reynolds, prendendole la mano con gesto galante. Indossava un paio di occhiali con sottile montatura in metallo e le sue unghie erano perfettamente tagliate e curate.

“È da un po’ che non ti vedo, Reynolds. Come vanno gli affari?” chiese Mia, accomodandosi al suo posto.

“Alla grande, alla grande. Tuo padre ha dei nuovi fantastici clienti dei Paesi Bassi,” le rispose con entusiasmo.

Di fronte a Mia, Jeffrey si muoveva sulla sua sedia, a disagio. Fece cenno al cameriere di avvicinarsi, usando gesti energici e nervosi, come se non fosse capace di stare fermo.

Il cameriere arrivò, con indosso una camicia con volant e una giacca d’epoca.

“Un bourbon con ghiaccio,” disse Jeffrey con tono sprezzante, prima di voltarsi verso Mia con un sorriso.

“Io prendo un calicanto,” disse Mia. La bevanda frizzante era fatta con succo di frutta e aceto dolcificato con una spruzzatina di alcool.

“Ho sentito Mark stamattina,” disse Jeffrey. “Sembra una battaglia epica.”

“A dire il vero ci siamo lasciati,” disse Mia. “A quanto pare non siamo fatti l’uno per l’altra.”

“Hai rotto il tuo fidanzamento? Oh no,” disse Madison sgranando gli occhi. A quanto pareva era fuori dal giro dei pettegolezzi.

“Mi spiace tanto, Mimi,” disse Brynn comprensiva. “È terribile.”

Il cameriere posò i loro bicchieri sul tavolo. “Mark pensa che lo chiamerai quando ti sarai calmata,” disse Jeffrey con atteggiamento di sufficienza.

“Beh, mi sa che dovrà aspettare a lungo,” rispose Mia con calma. Jeffrey stava tentando di provocarla, e stava funzionando. Prima mi molla, puoi vuole che lo chiami? Che stronzo!

La cameriera arrivò, vestita con una gonna frusciante e un grembiule. Sorrise con rosea perfezione e fece l’elenco di tutti i piatti, recitando il loro significato, dalla lager preferita di Benjamin Franklin alla natura storica delle torte salate. Daniel e Madison ascoltavano incantati, le dita intrecciate. Un intero menù di articoli vari stava per essere riprodotto da un grosso chef per finire dritto nei loro piatti. Era un vero paradiso. Tutti ordinarono qualcosa di esotico.

Mia chiuse il menГ№ e lo porse alla cameriera.

“Prendo un cheeseburger, grazie,” disse con tono asciutto.

Daniel la guardò colpito. Poi lisciò il suo tovagliolo e prese la parola. “Beh, io fra tutti sono emozionato che tu sia di nuovo single. Il mondo ha sufficienti gestori di fondi speculativi. Puoi fare di meglio.”

“Grazie, Daniel,” disse Mia. Per quanto gli piacesse canzonarlo, Daniel era sempre stato pronto a sostenerla. Quando Mia aveva voluto mantenere il proprio cognome e restare Mia Bold, Daniel aveva semplicemente detto: “Beh, sei anche una Middleton, per quel che mi riguarda.” Questo motivo le era sufficiente per volergli bene. Ma Daniel l’aveva anche adottata su un piano pratico, aiutandola pagando per la sua educazione. Anche se gli era riconoscente per tutto quello che aveva fatto, sentiva comunque la mancanza del suo padre biologico e dei momenti magici che avevano trascorso insieme. Quel pezzettino perduto della sua vita era sempre vivido nel suo cuore.

“Ma non è tutto quello che è successo,” disse Jeffrey. “Hai altre novità, vero Mia?!

Mia avrebbe voluto prendere Jeffrey a pugni, ma probabilmente non sarebbe stata la mossa più saggia da fare. Perché ha tanto il dente avvelenato con me? si chiese. Prese un sorso del suo drink, rilassò i nervi e guardò in faccia sua madre e il suo patrigno. “Il fatto è che ho perso il lavoro,” annunciò.

“Anche il lavoro?” disse Madison, guardando la figlia con preoccupazione materna. “Cosa diavolo sta succedendo, tesoro?”

“È una lunga storia,” disse Mia.

“Beh, puoi venire a stare da noi fino a che non avrai sistemato le cose…” propose Daniel.

Mia non rispose. Apprezzava l’offerta, ma non aveva la minima intenzione di tornare a casa.

“E ho un’idea eccellente,” continuò Daniel. “Reynolds deve andare a una vendita immobiliare ad Amish questo weekend. Sono sicuro che un aiuto gli farebbe comodo, e ti pagheremo per il tuo tempo.”

Eccoci, pensò Mia. Daniel aveva sempre la speranza che una delle giovani Middleton intraprendessero l’attività di famiglia. Antiquariato, più un weekend con Reynolds? Ovvio che la vedesse come un’idea eccellente.

“Grazie, ma questa settimana devo iniziare a fare i bagagli. Ho solo due settimane per traslocare, dopotutto.” Rivolse un rigido sorriso a Jeffrey.

La conversazione venne interrotta dall’arrivo delle loro pietanze. Mia gustò il suo cheeseburger mentre il resto della famiglia banchettava con un assortimento di varietà di pane, torta salata di aragosta, anatra arrosto, coniglio brasato, costolette di maiale affumicato con melograno, pesce e addirittura un piatto di tofu fritto che a quanto pareva Benjamin Franklin aveva elogiato in qualcuno dei suoi scritti. Le cose rimasero relativamente civili mentre mangiavano. Alla fine arrivò il dolce: crème brûlé. Mia stava giusto rompendo la crosticina di zucchero con il cucchiaio quando Jeffrey colpì di nuovo.

“Quindi, qual è esattamente il tuo piano?” Le sorrise, sapendo benissimo che qualsiasi cosa fosse uscita dalla sua bocca avrebbe solo peggiorato le cose. Mia doveva ammettere che quell’uomo aveva un istinto impeccabile.

“Se proprio vuoi saperlo, mi hanno offerto un nuovo lavoro proprio oggi pomeriggio,” gli rispose.

“Che genere di lavoro? Fammi indovinare… ha a che vedere con quel tuo hobby?”

Vide Daniel irrigidirsi sentendo nominare il suo podcast. Un fenomeno moderno come Internet non era argomento felice per lui.

“Beh, in effetti di tratta di un lavoro nel podcasting… con un nuovo spettacolo.”

Brynn sollevò gli occhi al soffitto come a voler chiedere al cielo di frenare la bufera che si sarebbe di lì a poco scatenata.

“Ooh, quale spettacolo?” chiese Jeffrey, godendosi ogni singola parola. Sapeva di averla in pugno.

“Lasciala stare, Jeffy,” disse Brynn, la sua solita dolcezza rapidamente tramutata in irritazione.

“Non ti preoccupare, Brynn,” le disse Mia rigidamente. Ogni possibilità di uscire da quella conversazione con un minimo di dignità si stava rapidamente dissolvendo. “Si chiama Libro, campanella e candela.”

“Libro, campanella e candela? E di che parla?” insistette Jeffrey.

“Fenomeni paranormali,” disse Mia. “Hanno bisogno di una persona scettica e con basi scientifiche come presentatrice, e io…”

“Quindi ti hanno offerto un lavoro come cacciatrice di fantasmi online,” disse Jeffrey trionfante. Si appoggiò allo schienale della sedia e sorrise. Aveva fatto il suo lavoro.

Madison strinse il braccio di Daniel, cercando di rassicurarlo.

“No,” disse Mia. “Non è così!”

Daniel scosse la testa, come se non sapesse come reagire davanti a discorsi così oltraggiosi.

“Stai dicendo che intendi abbandonare la tua formazione per seguire una carriera nel settore dell’intrattenimento? L’attività di famiglia sarebbe un’alternativa ragionevole, ma non hai neanche intenzione di andare a fare un viaggio d’affari con Reynolds?”

“Non ho ancora accettato l’offerta, Daniel.”

“Sai perché l’intera famiglia reale, con l’eccezione di quella pecora nera del giovane Edward, e ora quella Meghan Markle, ha sempre evitato la professione dell’intrattenimento?”

“Non lo so, ma immagino che me lo dirai.”

“Perché si tratta di un settore dozzinale, pacchiano,” disse, profondamente scosso.

Mia piegГІ il suo tovagliolo e lo posГІ sul tavolo. Fece un respiro profondo. Odiava litigare con Daniel, ma a volte non lo si poteva proprio evitare.

“Pensavo che i Middleton si fossero ribellati contro la famiglia reale. Non è per questo che ci troviamo qui stasera? Per festeggiare il nostro antenato radicale che si è liberato dalle leggi britanniche?” Prese un cucchiaio e lo fece tintinnare contro il proprio bicchiere. “Propongo un brindisi,” disse, sollevando il suo drink. “Alla cena annuale dell’Incatramata con piume. Arthur Middleton ne sarebbe fiero.”

Il suo brindisi fu accolto come un peso di piombo. Daniel era livido. Mia aveva appena usato una lezione di storia contro di lui, facendolo chiaramente sentire a disagio. Madison guardГІ la figlia come se fosse stata abbandonata sulla soglia dai briganti, mentre Jeffrey si limitava a sorridere, felice del caos che aveva scatenato. Gli occhi di Brynn erano grandi come due padelle ed erano fissi su Mia. Solo Reynolds, sorprendentemente, sollevГІ il proprio bicchiere.

“Udite, udite,” disse, come se non fosse successo nulla.

Mia mandò giù il contenuto del suo bicchiere, ruotò sui tacchi e se ne andò. Ma anche se la serata era stata un disastro, se ne stava andando con qualcosa che prima non aveva: un nuovo senso di chiarezza. Se fosse rimasta in Pennsylvania, ci sarebbero stati mesi di telefonate preoccupate e tentativi poco sottili di incastrarla con Reynolds, o di risucchiarla dentro all’attività di famiglia dei Middleton. L’alternativa era rischiosa, folle, molto ardua, ma onestamente… cos’aveva da perdere? A dire il vero, era orgogliosa di se stessa. Stava finalmente prendendo in mano la propria vita. Prese il cellulare dalla borsa e trovò il numero che voleva. Dopo pochi squilli Graham Stone rispose.

“Graham? Sono Mia. Ci ho pensato, e accetto la tua offerta.”




CAPITOLO SEI


Una settimana dopo la cena dell’Incatramata con piume, Mia finiva finalmente di caricare tutti i bagagli sulla sua vecchia Toyota. L’appartamento che le forniva la produzione dello spettacolo era arredato, quindi aveva già impacchettato e riposto alcune delle sue cose nel garage di Brynn. Era emozionata di mettersi in marcia. Lanciò un fischio a Tandy e tutti e due montarono in macchina.

“Sei pronto, amico?” disse, e abbassò il finestrino per il suo cane, prima di partire e immettersi in strada. Passando fuori da un piccolo bistrò francese, un ricordo le tornò alla mente. Lì servivano il soufflé al cioccolato più delizioso che avesse mai mangiato. Lei e il suo fidanzato Mark se ne erano spartiti una fetta il giorno del suo ultimo compleanno. Ex-fidanzato, si corresse. Non pensare al passato! Resta nel presente. Se l’era ripetuto continuamente mentre si preparava per la sua nuova vita. Erano stati giorni passati a fare bagagli e scatoloni, a compilare carte e a stendere programmi. Ma il lato positivo era che si sentiva sicura di aver ottenuto un nuovo record del mondo. Del resto, quanti riuscivano a perdere il lavoro, il fidanzato e la casa in un giorno, e a ricominciare una nuova vita appena una settimana dopo?

Mentre Fishtown si rimpiccioliva sempre più nello specchietto retrovisore, una nuova sensazione iniziò a farsi spazio dentro di lei: la libertà della strada. Tutto il senso di pazzia degli ultimi giorni si dissolse. Ora Mia era diretta verso il suo futuro. Cosa sarebbe successo al suo arrivo a Salem? Non ne era sicura, ma almeno sarebbe stato tutto nuovo. Anche solo capire i dettagli essenziali, come per esempio dove andare a fare la spesa, sarebbe stata un’ottima distrazione. E nessuno la conosceva a Salem. Le possibilità per reinventare la sua vita erano infinite. Ma la cosa che la entusiasmava di più era il podcast. Aveva lavorato da sola per così tanto tempo. Come sarebbe stato lavorare in una trasmissione, insieme ad altre persone? Graham aveva tenuto la bocca cucita riguardo al team di Libro, campanella e candela, ma Mia ipotizzava che si trattasse di persone con il medesimo interesse. Essere circondata da gente con la sua stessa forma mentis sarebbe stato meraviglioso.

E poi, ciliegina sulla torta, avrebbe abitato a Salem, dove i processi alle streghe erano solo la punta di un immenso iceberg. Non vedeva l’ora di tuffarsi nell’indagine di tutte le storie, i misteri e le leggende della cittadina. Era un tesoro di comportamenti umani e dati scientifici che non aspettava altro che di essere esplorato. Cavolo se era entusiasmante!

Cinque ore dopo, Mia uscì dall’autostrada ed entrò nella piccola cittadina di Salem, nel Massachusetts. Invece di andare direttamente al suo nuovo indirizzo sulla Essex Street, decise di fare un giro fino al porto. Non vedeva il mare da un po’ e Tandy aveva bisogno di sgranchirsi le zampe. La cittadina era graziosa, con strade ampie e vecchi alberi. Le case erano un po’ meno imponenti di quelle a cui era abituata in Pennsylvania, gli edifici meno industriali. C’era una certa atmosfera di contenuto puritanesimo nell’architettura.

Mia sapeva che una delle case più famose della città, la Casa Turner-Ingersoll, era lì vicino. Seguì la segnaletica del percorso storico lungo una strada senza uscita e accostò davanti alla vecchia villa colonica, resa famosa da Nathanial Hawthorne come la Casa dei sette abbaini. Fece uscire Tandy dall’auto e il cane si mise subito ad annusare il nuovo territorio. Mia lo seguì. Si diceva che fossero numerosi i fantasmi che alloggiavano alla Casa Turner-Ingersoll: lo spettro strisciante della scala segreta, il ragazzo fantasma e Susanna Ingersoll, cugina di Nathanial Hawthorne, tanto per cominciare. Mia osservò la vecchia villa, con i suoi tetti spioventi e i camini in mattoni, affacciata sulla spiaggia spazzata dal vento. Ma non ne stava ammirando la bellezza. Fantasticava piuttosto su come poter esaminare la vecchia casa con dei lettori di campi energetici o per mezzo di dispositivi a infrarossi per provare che non c’erano fantasmi.

La casa si ergeva sulla costiera rocciosa di Salem. Giù lungo le scogliere, si scorgeva la marina di Hawthorne Cove, dove le barche erano ormeggiate lungo i moli di legno. Il mare le faceva sempre venire in mente suo padre e i momenti che avevano passato insieme sulla costa del Jersey. Mia conservava ancora una collezione di cartoline: Asbury Park, Seaside Heights, Ocean City, Atlantic City, Wildwood. Frank di solito la portava lungo il pontile, sollevandola spesso sulle sue spalle, leggera come una piuma. Nonostante quello che diceva sua madre, Frank non era esattamente un ciarlatano, almeno Mia non pensava che lo fosse. Era più un affabulatore, uno con la parlantina giusta, un incantatore. A volte faceva un �gioco’ dove fingeva di essere qualcun altro, presentandosi come un avvocato, un archeologo o un detective privato. Una volta aveva raccontato a un commesso di essere un legionario straniero. Un’altra volta si era presentato come una specie di hacker. Di solito guardava Mia e le faceva l’occhiolino. Lei rideva e stava al gioco, fino a che un giorno non si lasciò scappare qualcosa con sua madre, scatenando l’inferno.

Il giorno in cui Frank lasciò la città, porto via con sé tutti i suoi nomi. Parlando di quel giorno, sua madre ruotava gli occhi al cielo dicendo che lui era stato il motivo per cui lei aveva dovuto fare due lavori: per mantenerlo dentro ai suoi vestiti eleganti e dentro alla vita di sua figlia. Ma quello che Mia ricordava era un uomo affascinante e divertente con un sorriso sghembo che le arruffava i capelli, la portava sulla ruota panoramica e le faceva l’occhiolino facendole passare ogni paura. Prese in mano un sasso liscio, lo strofinò tra i palmi come Frank le aveva insegnato ed espresse un desiderio. Desidero fare ciò che amo. Poi lanciò la pietra per aria e la guardò cadere sulla spiaggia sottostante.

Sentiva la mancanza di suo padre. Ma chi era veramente Frank Bold? Mia non ne era ancora del tutto sicura. Nessuno sapeva dove si trovasse, nГ© se fosse ancora vivo. Era un mistero che lei non era mai riuscita a risolvere.

Improvvisamente Tandy ringhiГІ.

“Non dovresti lasciare libero quel tuo cane,” disse una voce scontrosa. Mia si voltò e vide un uomo con i capelli grigi e corti e la pelle rovinata da vento e sole, che teneva in mano degli attrezzi da pesca e un secchio pieno di esche. Nonostante la temperatura piacevole, indossava un maglione di lana roso dalle tarme.

“Mi scusi,” disse Mia. “Non sapevo che qui ci fosse qualcuno.”

“Non sei di queste parti,” disse l’uomo, fissandola con espressione dura.

“No, sono appena arrivata in città,” gli rispose, cercando di essere cortese.

“Ti si sente addosso l’odore della grande città,” disse l’uomo. “Non si può costruire una nave nuova solo con il legno vecchio.” Attraversò la strada e scomparve in fondo al viale, diretto verso il porto.

Cosa vorrebbe dire? Mia lanciò un fischio a Tandy, che saltò in auto. Era arrivato il momento di andare a vedere la loro nuova casa. Seguì Google Maps e arrivò a un’elegante strada fiancheggiata da alberi accanto a un mercato pedonale. Seguì le indicazioni che Graham Stone le aveva dato, svoltando in un vicoletto lastricato e parcheggiò in uno dei quattro posti auto dietro all’edificio.

“Andiamo bello,” disse. Tandy saltò fuori contento e le trotterellò accanto. Mia bussò alla porta di metallo sul retro. Un uomo aprì, vestito con un completo pulito e ben stirato che sapeva di anni Settanta. Aveva il viso rugoso e segnato da linee di espressione.

“Posso aiutarti?” le chiese.

“Sono Mia,” gli disse.

“La ragazza di The Vortex? Ti pensavo più vecchia,” le disse con un sorriso. “Beh, vieni dentro. Mi chiamo Tom Hatter. Sono il padrone di casa.” Si chinò ad accarezzare la testa di Tandy. “Quella è la tua macchina? Lascia che mandi qualcuno a prendere le tue cose per portarle su. Will, ho un lavoro per te!”

“Sì, signor H?” Un ragazzino uscì da dietro alcuni scatoloni. Aveva gambe e braccia troppo lunghe per i vestiti che indossava, e un ricciolo di capelli gli era caduto davanti agli occhi. Tandy scodinzolò.

“Prendi i bagagli di questa signorina dalla sua macchina e portali al 2A.”

“Certo, signor H,” disse Will, scattando verso la porta, per poi correre subito indietro. Mia gli porse le chiavi e lui sorrise timidamente.

“Aspetta che ti faccio fare un giro del posto,” disse Tom, passando attraverso una porta a vento. Entrarono in un negozio pieno di curiosità: poster vintage, Magic 8 Ball, portachiavi e tazze. Sulla vetrina davanti erano dipinte delle lettere che dicevano “L’Emporio di Hatter”.

“Ha un po’ di tutto qui,” disse Mia, ammirando il caos controllato del negozio.

Tom si avvicinГІ a una mappa appesa alla parete.

“Salem è stata fondata nel 1662. Siamo una piccola cittadina portuale,” disse con la sua voce da presentatore. “Solo cinquanta chilometri quadrati – e per lo più di acqua – e appena una ventina di terra. Siamo anche la città più infestata degli Stati Uniti. C’è l’ospedale di Salem, la prigione di Salem, la casa di Joshua Ward, la collina del patibolo, la casa della strega… cavolo, addirittura questo posto è stregato.”

“Questo edificio? Da chi pensa che sia infestato?” chiese Mia divertita.

“Beh, il capitano Joseph White è stato assassinato proprio in fondo a questa strada. Si dice che i cospiratori, Richard Crowninshield e i fratelli Knapp, siano passati precisamente per questo posto dopo aver finalizzato i loro piani alle Comuni di Salem. Poi Crowninshield lo ha preso a randellate uccidendolo nel sonno. A volte li puoi ancora sentire.”

“Li puoi sentire cosa?”

“I sussurri,” disse Tom, guardandosi sospettoso alle spalle.

“Signor H? Ho messo le valigie fuori dalla porta,” disse Will, chinandosi ad accarezzare Tandy. “Pensi che potrei portarlo a fare una passeggiata ogni tanto?”

“Certamente,” disse Mia.  “Puoi anche farmi vedere i dintorni.”

“Ti accompagno al tuo alloggio,” disse Tom. “Will? Tieni d’occhio il negozio.” L’uomo condusse Mia fuori dalla porta d’accesso del negozio, che si affacciava su una piazza aperta, con un bar e una manciata di negozi, molti dei quali sembravano essere di natura occulta.

“Hai il tuo ingresso riservato,” le disse, aprendo la porta con una chiave e salendo su per la scala. Mia e Tandy lo seguirono. In cima alla scala c’erano delle porte numerate. Ruotò la chiave nella serratura dell’appartamento 2A e aprì la porta, rivelando un appartamento piccolo ma grazioso. Mia riconobbe il salotto, la camera da letto e il cucinino che aveva visto nelle foto. Facendo il giro del posto, si accorse di una finestra inclinata.

“Che strana,” disse, indicando la bizzarra architettura.

“Oh, quella è la finestra della strega,” le disse l’uomo. “È inclinata in quel modo così che le streghe non possano volarci attraverso ed entrare.”

Mia lo guardГІ incuriosita e poi andГІ in cucina. Il fornello era ovviamente antico e piuttosto confuso. Aveva una grande superficie piatta in mezzo a due fuochi, e quattro porticine sul davanti invece di una sola. Avrebbe dovuto capirlo piГ№ tardi.

Qualcuno aveva accuratamente messo uno zerbino a forma di cane sul pavimento con una ciotola piena di acqua e un mazzo di fiori freschi sul tavolino con un bigliettino che sporgeva da sotto.

“È stato il socio di Graham, Ollie Cooper, ha preparare tutto. Ha dato istruzioni che leggessi quel biglietto non appena fossi entrata,” disse Tom sorridendo.

“È meraviglioso, Tom. Devo dire che sono sorpresa che Graham mi abbia offerto un alloggio gratuito. È davvero generoso.”

“Beh,” disse Tom chinandosi verso di lei per parlarle sottovoce. “In realtà Graham è mio figlio. Immagino che Hatter non fosse particolarmente adeguato a lui.”

“Oh!” disse Mia. “Capisco.”

“L’edificio appartiene alla famiglia da generazioni. Gli lascio usare queste stanze per i suoi progetti,” spiegò Tom. “Mi mantengo giovane se sono circondato da giovanotti. Ora ti lascio.” Le fece l’occhiolino e le porse un mazzo di chiavi. Il portachiavi diceva L’emporio di Hatter e mostrava l’immagine di una strega a cavallo di una scopa. “Meglio se tieni chiusa la finestra della strega. Non si sa mai.”

Mia rise e prese le chiavi.

“Ancora una cosa,” disse. “La maniglia della porta a volte si incastra. Devi sollevarla e ruotarla un po’. Altrimenti resti chiusa dentro.” Uscì e si chiuse la porta alle spalle.

Mia accarezzГІ Tandy arruffandogli il pelo sulla testa. Poi andГІ dai fiori e prese la busta. Il biglietto diceva:

Benvenuta a Salem!

La riunione inizia alle 17.30 alla Locanda del Gatto Nero.

La Locanda del Gatto Nero? Era il luogo di una famigerata presenza soprannaturale, frequentato un tempo solo da marinai. Si diceva che una donna solitaria si aggirasse nella soffitta, cercando il suo innamorato perduto in mare. C’era un indirizzo e un’annotazione a mano. La Locanda del Gatto Nero non era distante, e la si poteva raggiungere a piedi.

Improvvisamente, Mia sentì bussare leggermente alla porta. Ruotò la maniglia e si trovò davanti una ragazza minuta dall’aria bohemienne. Doveva avere meno di trent’anni, con un viso da elfo e i capelli corti coperti da un berrettino a righe. Tandy le corse subito incontro e iniziò a leccarle la mano. Quello era sempre un buon segno.

“Sono Sylvie Payne,” disse la ragazza con marcato accento del Jersey. “Tecnico del suono.” Si chinò ad accarezza Tandy che scodinzolava freneticamente come se si conoscessero da tempo.

“Per Libro, campanella e candela?”

“Esatto. E sono anche la tua vicina di casa.” Le mostro una chiave che pendeva da un portachiavi simile al suo. “Sono al 2B. Comunque, mi sa che siamo in ritardo per la riunione dello staff. Vuoi che andiamo insieme alla ricerca del Gatto Nero?”




CAPITOLO SETTE


Mentre passeggiava lungo la Essex Street, Mia si sentiva come se fosse appena entrata in una scena di una storia d’epoca. Quando passarono accanto al Lappin Park, videro la scultura stregata, la statua di una strega a cavallo di una scopa, incorniciata dalla luna piena.

“Mi sa che sono seri sulle loro streghe,” disse Mia.

“E sugli stregoni,” aggiunse Sylvie. Passarono accanto a un uomo con un cappotto vittoriano che si stava sistemando i polsini di pizzo.

Attraversarono la strada ed entrarono in un’area lastricata chiusa al traffico delle automobili. Era piena zeppa di bancarelle colorate che offrivano articoli magici e artefatti mistici. Mia notò sfere di cristallo, pentacoli e sacchettini di erbe impilati su dei carri. I turisti si aggiravano tra i negozi mangiando mele caramellate. La porta di un edificio era spalancata e all’interno era in pieno svolgimento una fiera del paranormale traboccante di visitatori. Quando il cielo iniziò a scurirsi, si levò una fresca brezza e dei lampioni vintage si accesero illuminando l’area con il loro bagliore soffuso. Mia rabbrividì: era affascinante, ma inquietante.

“Ascoltavo il tuo show,” disse Sylvie. “Era fantastico, a parte la qualità del suono. Attrezzatura economica, scarsa qualità. Molto semplice.”

“Ho dovuto farmi il mio studio a casa,” disse Mia ridendo. “E non ho mai avuto il lusso di potermi appoggiare a un tecnico del suono. Sinceramente, facevo tutto da sola, e meglio che potevo.”

“Beh, ora tutto questo cambierà. Avrai un intero staff a tua disposizione, e io trasformerò la tua voce in oro che cola.”

Mia sorrise sotto ai baffi. Sylvie era sicura e sfacciata in un modo a cui lei non era abituata. Ma se Tandy giГ  la adorava, tutto sarebbe andato alla grande tra loro. Nel tempo Mia aveva imparato che Tandy era il miglior giudice delle persone che le stavano attorno.

“Penso che sia laggiù,” disse Mia, seguendo la mappa. Mentre passavano sotto a un lampione, quello improvvisamente ebbe uno scatto e si spense. Sylvie sollevò gli occhi e scosse la testa.

“Non preoccuparti del mio poltergeist,” le disse con tono indifferente.

“Il tuo cosa?” chiese Mia, non sicura di aver sentito bene.

“Il mio poltergeist,” disse Sylvie. “Mi segue da anni. Penso sia il mio cugino morto.”

“Quindi pensi che lo spirito di tuo cugino ti stia inseguendo?”

“Senti, so che tu sei una scettica, ma questa cosa mi viene dietro da anni. Le luci si accendono e spengono, i volumi si alzano. È una follia. Sto seriamente pensando di andare da un esorcista.”

Mia mise da parte lo strano fatto tra i suoi pensieri, e quando furono arrivate alla Locanda del Gatto Nero, tenne la porta aperta per Sylvie. Entrarono, passando sotto a un pesante lampadario e accedendo a una stanza con il pavimento in legno e il soffitto decorato da spesse travi. Era impossibile dare un’età precisa alla taverna a primo colpo d’occhio. Il legno era vecchio e scuro, e c’era un ampio caminetto. L’intero ambiente sembrava piuttosto vissuto.

Un paio di persone che sembravano clienti abituali stavano giocando a freccette in un angolo. Uno degli uomini si voltò e fissò Mia. Era il tizio che aveva visto alla casa dei sette abbaini? Mia notò il barista, un orso d’uomo che stava pulendo bicchieri e seguendo con sguardo accigliato la partita a freccette.

Una mano scattГІ in aria e fece loro cenno di avvicinarsi.

“Ragazze, eccovi qua. Sono Graham.”

Graham Stone si alzò in piedi e sorrise, le braccia aperte. Indossava una camicia colorata praticamente sbottonata fino all’ombelico e una giacca viola. Al collo portava una grossa catena dorata in stile rapper. I capelli erano tagliati alla moda e tenuti dritti con il gel. Considerato il periodo dell’anno, la sua pelle mostrava uno strano colorito aranciato.

Aveva carisma, questo era certo. Ma a Mia dava l’impressione di un venditore di auto usate che stava per venderle un limone. Non era sicura di potersi fidare di lui.

“Lasciate che vi presenti gli altri, qui attorno al tavolo,” disse. “Questo è il mio socio Ollie Cooper, l’uomo dei soldi. Qualsiasi dettaglio del contratto, chiedete a lui.”

“Ho sentito parlare così tanto di te, Mia,” disse Ollie. Era vestito in modo piuttosto conservatore, con una penna d’argento infilata nel taschino. Lui e Graham costituivano un’accoppiata piuttosto improbabile. Mia si rilassò immediatamente quando lo vide. Aveva un’espressione indifesa e un sorriso caloroso. Il fatto che avesse sistemato le cose anche per Tandy già glielo aveva reso simpatico.

“Grazie per preparato tutto anche per il mio cane,” disse Mia con un sorriso.

“Figurati. Vogliamo che tu e…”

“Tandy,” gli disse Mia.

“Sì. Vogliamo che tu e Tandy vi sentiate a casa vostra.” Ollie sorrise. Mia si chiese se conoscesse Vic Tandy.

“Ho già avuto il piacere di conoscere Sylvie,” disse. “Posso offrire a tutte e due qualcosa da bere?” Chiamò la cameriera, mentre Graham continuava con le presentazioni.

“Questo è Jake Lowry, il miglior microfonista sul campo. Sa anche manovrare piuttosto bene una cinepresa. Sarà con noi ogni volta che usciamo dallo studio.”

Jake si alzГІ in piedi, mostrandosi molto piГ№ alto di Graham.

“Piacere di conoscerti,” disse, allungando un braccio tozzo e ricoperto di tatuaggi variopinti. La stretta della sua mano praticamente fagocitò quella di Mia. Si sentì un po’ sorpresa dalla sua stazza, ma la sua stretta di mano era morbida, come se fosse consapevole della sua forza e facesse del proprio meglio per essere delicato.

“Dov’è il segretario?” chiese Graham sbuffando. “Quel diavolo d’un ragazzo. Doveva arrivare presto.”

La porta si spalancГІ di colpo e Mia fu sorpresa di vedere Will. Il ragazzino corse verso il gruppo, portando una pila di carte. Era senza fiato e lasciГІ cadere tutto sul tavolo.

“Scusi, signor Stone. Ho dovuto chiudere la cassa prima di andare alla fotocopisteria.” Si lasciò cadere soddisfatto su una sedia, chiaramente emozionato di essere parte dell’organizzazione dello show.

“Ora ci resta solo una persona, e come al solito è in ritardo.”

Mia si chinГІ verso Sylvie.

“Di chi parla?” sussurrò.

“Il tuo co-presentatore, Johnny Astor,” le rispose. “È proprio un personaggio.”

“Il mio co-presentatore?” disse Mia sorpresa. Sapeva che avere due presentatori era un format piuttosto popolare nei podcast, ma Graham le aveva fatto capire di essere l’unica. “Cosa intendi con un personaggio?”

“Vedrai.”

“Non possiamo aspettare la primadonna,” disse Graham, quindi fece un cenno a Will che gli porse i copioni.

Eccolo lì, proprio sulla copertina: Libro, campanella e candela con Johnny Astor e Mia Bold. Mia si chiese se l’ordine dei loro nomi dicesse niente sul loro status o fosse semplicemente alfabetico.

“Benvenuti allo show. Ormai sapete tutti che mi sono occupato di Ghosted. Ma sapete anche che ho studiato per diventare ingegnere meccanico? È così. Mi annoiavo, quindi mi sono messo a trafficare con gli effetti speciali. Sapete qual è il peccato cardinale dell’intrattenimento? La gente noiosa. Quello che ho imparato dagli effetti è questo: spaventato è l’opposto di annoiato. La gente adora essere spaventata.” Fece una pausa e si guardò attorno, fissandoli uno per uno, permettendo alla sua rivelazione di fare presa nelle loro menti. “Ebbene, siamo uno show serio,” continuò. “Esploreremo i fatti che si trovano dietro ai fenomeni, certo. Cavolo, abbiamo una scettica scientifica proprio qui, pronta a fregarci se dovessimo sgarrare. Ma intendiamo anche costruire tensione. Intendiamo terrorizzare la gente, e il nostro regno del terrore inizia domani sera, proprio qui, con il caso della Locanda del Gatto Nero.”

Domani sera? Come avrebbe potuto andare a regime – analisi del caso, ricerca di spiegazioni alternative – con un solo giorno di preavviso?

“Ma non ho avuto il tempo per indagare,” disse Mia.

“Ti ho prenotato il locale tutto per te domani pomeriggio,” disse Ollie.

In quella la porta si aprì di scatto e fece il suo ingresso un uomo che Mia ipotizzò essere Johnny Astor. Era alto e magro, vestito con jeans neri e una maglietta anch’essa nera. Pure i capelli erano neri, chiaramente tinti. Mentre si avvicinava al tavolo, sorrise con abbagliante senso di autostima.

“Scusate il ritardo,” disse, sedendosi su uno sgabello. “Spero di non essermi perso niente.”

“Graham ci sta spiegando il peccato cardinale,” disse Ollie.

“La gente noiosa?” chiese Johnny, guardando Mia dritta negli occhi. Le tese una mano. “Quindi tu sei Mia Bold. Ho ascoltato The Vortex, o comunque il primo episodio.”

Mia arrossì. Il primo episodio? La stava insultando?

Johnny si chinГІ in avanti e la fissГІ negli occhi. Aveva iridi verdi e luccicanti, come un prato erboso che brilla dopo la pioggia.

“Senti, senza offesa, ma il tuo show era un po’… asciutto. Cos’è che hai detto dell’Hotel Stanley in Colorado? Quello su cui Stephen King ha modellato The Shining? Ah sì, mi ricordo. Hai attribuito il fenomeno a delle �radiazioni naturali provenienti da formazioni rocciose che portavano a picchi dell’energia magnetica sui terreni’ e i gemiti che gli ospiti sentivano erano �versi di alci che si chiamavano durante la notte’? Ho dovuto praticamente fare il contorsionista per seguire il tuo discorso. Voce fantastica, comunque.” Le sorrise di nuovo, come un fascio di luce capace di distogliere l’attenzione dalle sue parole ingiuriose.

Mia non poteva credere a quanto fosse altezzoso quell’uomo. La gente gli permetteva sempre di passarla liscia con quel suo comportamento?

“Tu da cosa pensi siano stati causati i fenomeni allo Stanley?” gli chiese sbuffando. “Hai una teoria sulle apparizioni? Il piano? Le voci disincarnate dei bambini?”




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